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Piccole farmacie: a chi convengono?

LA GESTIONE

Piccole farmacie: a chi convengono?

Rurali

Alcune considerazioni sulla bontà di un investimento su realtà di dimensioni ridotte, come per esempio le rurali. Gli argomenti a favore non mancano, e neppure le possibili soddisfazioni. Occhio alla pianta organica

20 gennaio 2022

di Arturo Saggese, Punto Farma (BS)

La domanda che mi sento porre sempre più di frequente da quattro anni a questa parte è: «Dottore, cosa dice, ha senso investire in questa realtà? Sa, stavo cercando qualcosa di dimensioni maggiori…».
Purtroppo nessuno ha la sfera di cristallo, nessuno sa dare una risposta generalista e sempre valida sulla sostenibilità di un investimento in una sede farmaceutica.
Vanno fatte delle riflessioni di carattere generale per tentare di eseguire un’analisi specifica riguardo al singolo caso di specie, valutando variabili soggettive (chi esegue l’investimento) e variabili oggettive (caratteristiche tipiche della sede farmaceutica target).

Cosa cercano le catene?

Dopo l’approvazione della legge 124/2017, abbiamo assistito a una “caccia alla farmacia” da parte di chi punta a investire su un numero cospicuo di sedi, su varie aree del territorio nazionale, con la finalità di generare una massa critica di fatturato. Questa massa critica evidentemente consentirà a costoro vantaggi economico-finanziari di diversa natura, che non analizzeremo in questa sede. In questo senso evidentemente si parla delle cosiddette “catene”.
La precedente riflessione però resta doverosa, in quanto è interessante comprendere dove questi soggetti puntino a investire e quali siano le caratteristiche delle farmacie a cui si interessano.
È un dato di fatto che le “catene” puntino ad acquisire farmacie con una dimensione importante, tendenzialmente superiore a 1,5 milioni di fatturato, in quanto la farmacia in catena ha la necessità di sostenere il costo di un direttore che, normalmente, la farmacia privata non ha a bilancio, data la presenza del titolare-socio. L’interesse delle catene è destato da una farmacia di dimensioni più ridotte laddove presenti delle oggettive potenzialità di sviluppo, dettate per esempio dalla possibilità di spostamento di sede in una allocazione di maggiore appeal o dalla giovane vita della sede farmaceutica (pensiamo alle nuove aperture da Concorso straordinario “Decreto Monti”).

L’investimento per il farmacista

La farmacia però, generalmente, resta un investimento interessante per il farmacista che non è ancora titolare o per il titolare che ha come obiettivo uno sviluppo del proprio lavoro.
Nel primo caso, infatti, il giovane farmacista con la capacità finanziaria (e la voglia…) di acquisire una sede farmaceutica – apportando, oltre che capitale, anche opera all’interno della farmacia – si trova a investire su un’azienda che produce un reddito certo, dato da numeri oggettivamente riscontrabili (si pensi alla marginalità lorda) e soprattutto finanziariamente sicuro (molto difficile che ci possano essere criticità finanziarie se non derivanti da investimenti eccedenti la capacità aziendale o spese voluttuarie eseguite oltremodo).
Nel secondo caso invece l’investimento viene eseguito da chi, già titolare, intende aggregare alla propria, una ulteriore sede farmaceutica. Qui l’intento è più evoluto, aziendalmente parlando. L’obiettivo infatti è quello di generare economie di scala, aumentando la mole di acquisti di merce (in tal modo possono essere migliorate le condizioni di acquisto), condividendo il magazzino merci su più sedi (per favorire e migliorare la capacità di rotazione delle merci a magazzino) e il personale (la rotazione del personale aiuta a impiegare al meglio le risorse umane e consente anche il progressivo esaurimento delle ferie e dei permessi dei diversi collaboratori). Questo investimento è finanziariamente più agevole se si può far conto sulla capacità di rimborso dell’eventuale finanziamento utile all’acquisizione, non solo sul fatturato della sede “target” ma anche su quello della sede “storica”.

Attenzione alla pianta organica

Resta comunque un dato di fatto che per entrambe queste fattispecie, dovendo apportare opera oltre che capitale, la sede di dimensioni più ridotte – come per esempio una farmacia rurale – può essere il target giusto ed equilibrato, che consente anche di non andare “in gara” con le catene, soggetti normalmente più propensi a pagare prezzi più importanti per una sede farmaceutica.
Va comunque sempre evidenziato che la modalità di acquisto più sostenibile sotto il profilo finanziario è quella che prevede l’impiego di capitale proprio e a leva al 50 per cento, in egual misura.
Il comune denominatore a garanzia (oggi) delle acquisizioni di farmacie resta sempre e solo uno, ciò che il farmacista deve sempre cercare di preservare, per ragioni economiche e per ragioni professionali: la pianta organica. Questo è davvero ciò che costituisce la spina dorsale di una sede farmaceutica, quello che consente di sapere quanto reddito potenzialmente potrà conseguire una farmacia e quindi in quale orizzonte temporale potrà essere previsto il rientro del capitale investito.
A parere di chi scrive, orientare la propria scelta su una sede rurale, diciamo con una pianta organica costituita da 2000/2500 abitanti, costituisce una scelta conservatrice sotto il profilo economico e anche professionalmente più appagante, dato il ruolo sociale ricoperto dal professionista titolare nell’ambito di un piccolo centro abitato.

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