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Quorum a geometria variabile

LA LETTERA

Quorum a geometria variabile

Le farmacie “discrezionali” hanno alterato il rapporto farmacie-abitanti e l’impatto sulle rurali della riduzione del quorum è stato significativo rispetto alle urbane. La lettera di un titolare e il commento dell’avvocato.

10 settembre 2020

Il nuovo quorum del concorso Monti, portato a 3.300 abitanti per farmacia, è stato visto come una semplificazione della materia, resa più omogenea ed egalitaria rispetto alla norma precedente.
In realtà, anche se pochi se ne sono accorti, la situazione è ben diversa, soprattutto a causa delle farmacie “discrezionali” che hanno alterato ulteriormente e profondamente il rapporto tra farmacie ed abitanti. Infatti, mentre nei capoluoghi di provincia con 50 e più farmacie, o nelle metropoli, la farmacia “discrezionale” eventualmente aperta con 1.650 abitanti aggiuntivi, sposta il quorum di pochissimo, è quasi ininfluente, ben diversamente stanno le cose nei centri minori. Qui i 4.950 abitanti portano la seconda gli 8.250 la terza …altro che quorum a 3.300. Si arriva a 2.500 o poco più!
In provincia di Vicenza ci sono ben cinque Comuni che passano da due a quattro farmacie.
Inoltre, il dato anagrafico è spesso inficiato dai degenti di eventuali Case di riposo: anagraficamente residenti nel Comune, essi sono in realtà gestiti totalmente dalle Asl, come fossero un reparto ospedaliero.
Basta guardarsi attorno per cogliere le conseguenze del concorso Monti.
Si sono viste aperture di nuove sedi anche in frazioni distanti chilometri dal capoluogo: queste, di fatto, impattano a volte su farmacie rurali vicine che prima avevano una gestione dignitosa e ora non più.
Urge una riflessione seria da parte di tutti per fare il punto della situazione già poco felice della farmacia italiana.
Vedremo se nel 2021 (dopo 10 anni che hanno radicalmente modificato tante situazioni) ci sarà un’ulteriore proroga del concorso Monti.
Sarebbe stato certamente più equo adottare lo schema del Ddl Bubbico, con il quorum secco a 3.000 abitanti, tralasciando i resti.
Ricordiamo poi che il termine “discrezionale” in alcune Regioni è stato interpretato come “obbligatorio”, con conseguente invito ai Comuni a richiedere l’istituzione di una nuova sede.
Chi avrebbe dovuto chiarire e spiegare il significato del termine “discrezionale” non ha fatto sentire la sua voce.

Francesco Sartori, titolare a Breganze (VI)

IL COMMENTO

Quintino Lombardo

Le criticità normative del “dopo Monti” - Il commento dell’avvocato Quintino Lombardo (Franco, Lombardo, Cosmo – Studio Legale)

Fino al 2012 l’art. 1 della legge n. 475/1968, come a suo tempo già modificato dalla legge n. 362/1991 di Riordino del servizio farmaceutico, prevedeva nei Comuni minori, quelli con popolazione fino a 12.500 abitanti, l’apertura di una farmacia ogni 5.000 abitanti, con rilevanza del resto se pari al 50 per cento di tale parametro e quindi con la possibile apertura di una seconda farmacia a 7.500 abitanti e di una terza a 12.500 abitanti. Per i Comuni con popolazione superiore a 12.500 abitanti, il quorum previsto era di una farmacia ogni 4.000 abitanti, con medesima rilevanza dei resti, così che l’apertura di una quarta farmacia era possibile al raggiungimento di una soglia demografica di almeno 14.000 abitanti.
Come segnala il lettore, l’art. 11 del D. L. n. 1/2012 (cd. Decreto Monti), convertito con L. n. 27/2012, ha introdotto l’unico quorum di una farmacia ogni 3.300 abitanti, sempre con rilevanza del resto se pari ad almeno il 50 per cento, eliminando ogni differenziazione sulla base della dimensione demografica del Comune.
Pur dovendosi evitare generalizzazioni circa l’utilità o meno, sotto il profilo del servizio pubblico, delle nuove sedi istituite in applicazione del nuovo parametro – certo essendo necessaria cautela per evitare l’eccessiva frammentazione dell’offerta, con l’inevitabile risultato di rendere più fragile l’operatività delle farmacie – occorre dunque riconoscere come l’impatto sulle farmacie rurali dell’intervenuta riduzione del quorum sia stato sicuramente significativo, talvolta maggiore rispetto alle realtà urbane.
È poi vero che in una ridotta minoranza delle Regioni, prima di procedere alla pubblicazione del bando del concorso straordinario, si è addirittura affermata l’erronea prassi di ritenere pressoché “obbligatorio” l’utilizzo dei resti per l’istituzione dell’ennesima sede farmaceutica; mentre invece esso è da sempre considerato meramente facoltativo, cioè utile se richiesto dalle circostanze e dalle concrete esigenze del servizio farmaceutico. Dubito però che ciò possa essere attribuito al silenzio di «chi avrebbe dovuto chiarire e spiegare il significato del termine discrezionale», trattandosi semmai di decisioni di natura amministrativa che, quando assunte, potevano essere contestate semmai ve ne fossero stati i presupposti.
Ragionando di quorum nelle realtà demografiche minori, oggi la maggiore criticità normativa, se si volesse ipotizzare un intervento d’opportuno riequilibrio, è rinvenibile nell’art. 104 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (cd. criterio topografico o derogatorio della popolazione), sul quale il decreto Monti non è intervenuto, alla luce dell’applicazione assai discutibile che in qualche caso ne è stata – e ne è ancora oggi – fornita.
La distanza minima di 3.000 metri dagli altri esercizi farmaceutici e le particolari condizioni topografiche e di viabilità, in teoria necessarie per l’istituzione dell’ulteriore farmacia in deroga nei Comuni con popolazione inferiore a 12.500 abitanti, finiscono allora con l’essere individuate in esigenze soltanto generiche di miglioramento del servizio, così che talvolta si assiste all’istituzione di nuove farmacie in deroga con riferimento anche a situazioni di facilissima accessibilità e capillarità, invece strumentalmente ritenute critiche.
Come ha osservato anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la norma è certo indispensabile alla flessibilità del sistema di pianificazione territoriale delle farmacie, quale strumento di concreto soddisfacimento di esigenze specifiche che potrebbero non trovare riscontro nell’applicazione del criterio demografico, ma l’esperienza di questi anni e il passaggio ai Comuni – spesso poi chiamati all’esercizio della prelazione della sede da loro medesimi istituita – delle competenze amministrative in materia renderebbero probabilmente opportuno un intervento sulla norma derogatoria in coerenza con l’abbassamento del quorum demografico cioè, in sostanza, delineandone un più preciso e rigoroso limite applicativo.

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