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I test Covid-19

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I test Covid-19

La riapertura dell’Italia è al banco di prova. I test per il Covid sono importanti per prevenire sul nascere nuovi focolai. Le differenze tra i tre tipi di test

10 settembre 2020

di Carlo Buonamico

Sierologici, nasofaringei, capillari. I test per il Covid-19 sembrano una questione di nomenclatura all’interno della quale è difficile districarsi. Non si tratta solo di utilizzare i termini giusti. Esistono molti tipi differenti di esami diagnostici, i cosiddetti test, che permettono di arrivare a risultati diversi a seconda delle metodiche con cui sono progettati. Facciamo un po’ di chiarezza.
«Esistono attualmente tre tipi di test che possono essere effettuati: il test molecolare, il test sierologico (talvolta chiamato “anticorpale”) e il test antigenico», spiega il Filippo Drago, ordinario di Farmacologia all’università di Catania e membro dell’unità di Crisi anti-Covid19 della società italiana di Farmacologia (Sif). Si tratta di indagini diagnostiche con un diverso livello di efficienza, che richiedono differenti modalità di prelievo dei campioni biologici da analizzare e anche tempi variabili per avere il responso. Nonché costi diversi. Per queste ragioni la scelta del tipo di test da applicare va ponderata a seconda dell’obiettivo che si vuole perseguire.

Il tampone, la prova regina

Ma andiamo con ordine.
Il test molecolare è il “famoso” tampone. Se fossimo in ambito processuale, potremmo chiamarlo “prova regina”. Il tampone infatti, attraverso un prelievo nasofaringeo, va a ricercare proprio l’acido nucleico (Rna) del virus Sars-CoV-2. Per questo motivo esclude la possibilità di avere dei falsi positivi. Inoltre, grazie al dosaggio molecolare si può anche definire la carica virale nell’individuo infetto. «Si tratta della metodologia diagnostica con la massima specificità (oltre il 95 per cento, così da escludere i falsi positivi) e con la massima sensibilità (oltre il 90 per cento, così da poter identificare il materiale genetico virale anche nei casi di bassa carica virale)», specifica Drago.

Sierologici per sapere se abbiamo incontrato il virus

Il secondo tipo di indagine diagnostica è rappresentato dai test sierologici, o anticorpali, che si basano sull’analisi di sangue venoso o capillare alla ricerca di immunoglobuline, cioè anticorpi, prodotti dal sistema immunitario dell’organismo a seguito del contatto con il Covid-19. A seconda del tipo di immunoglobuline (Ig) identificate dal test si può desumere un’informazione differente. «Se il test indica la presenza delle IgM, le prime immunoglobuline che vengono prodotte quando si verifica un’infezione, significa che essa è recente, cioè che il soggetto è venuto a contatto con il virus da non più di 8-10 giorni. Se invece si rilevano solo IgG, quelle prodotte in tempo successivo a quello dell’infezione e che normalmente servono a proteggere l’organismo da un eventuale nuovo incontro con il virus, significa che l’infezione non è recente», dice il farmacologo. Qualora ci sia la compresenza di IgM e IgG, infine, l’informazione che ne possiamo trarre è che «l’infezione non è recentissima, ma nemmeno troppo di vecchia data».
I test sierologici permettono di avere un risultato generalmente in tempi più rapidi (ore rispetto a qualche giorno necessario per ottenere il risultato del tampone), ma presentano un limite importante: quello dei falsi negativi. Infatti, un risultato negativo di un test sierologico può essere dovuto a tre diverse casistiche: il soggetto può non aver mai incontrato il virus; il soggetto è stato infettato molto recentemente e quindi il suo organismo non ha ancora prodotto né IgM né IgG; il soggetto è infetto ma il titolo anticorpale è così basso da non essere rilevabile dalla sensibilità del test. In questi casi la situazione va quindi comunque approfondita attraverso un esame che dia maggiori certezze sulla presenza, o meno, di infezione in corso: il tampone.

Antigenici per screening ampi e veloci

Da qualche tempo usati anche in Italia per lo screening dei passeggeri in arrivo allo scalo aeroportuale di Fiumicino, i test antigenici analizzano campioni alla ricerca delle proteine “spike” della parete esterna del virus (capside). In base alla presenza o assenza di queste proteine si può risalire alla presenza o assenza del Covid-19.
«Due sono le principali differenze di questi test rispetto al tampone, con il quale condividono la ricerca diretta di molecole virali: il fatto che non sia necessario l’intervento di un laboratorio di analisi per effettuare il test», illustra Drago, dal momento che una reazione colorimetrica indica il risultato, «e la rapidità», giacché in soli 10-15 minuti si ottiene il referto.
Ma bisogna stare attenti, perché esiste un forte limite per i test antigenici. Avverte l’esperto: «In generale, la loro specificità è simile a quella del tampone. Talvolta, però, ci sono limiti dettati da una sensibilità bassa, inferiore all’85 per cento, anche se quella del test utilizzato a Fiumicino raggiunge il 90 per cento».

Dimmi cos’hai e ti dirò che test fare

Allora a quale test fare riferimento se si vuole capire qual è lo stato di salute di una persona rispetto al Covid-19? E, in questo senso, agire per evitare lo sviluppo di nuovi cluster di contagio in ambiente pubblico, lavorativo e scolastico?
«Bisogna scegliere il test giusto a seconda dei casi. Il tampone, che richiede tempi lunghi per dare il risultato e implica l’intervento di un laboratorio di analisi e costi elevati, va eseguito su chi ha i sintomi dell’infezione da Coronavirus nell’ottica di confermare o meno l’ipotesi diagnostica. Il test antigenico è d’elezione per gli asintomatici che si pensa abbiano avuto contatti con soggetti infetti o per le professioni che prevedono un largo contatto con il pubblico, come gli operatori sanitari o il personale scolastico. Il perché di quest’ultima opzione è semplice: se il soggetto non presenta sintomi e il test è negativo significa che è ragionevolmente sano; viceversa, se il risultato è positivo, si può richiedere tempestivamente un’indagine più approfondita attraverso il tampone, così da capire se l’infezione virale evidenziata è determinata da Covid o da altro tipo di virus», riassume l’esponente della Sif.
E i test sierologici che, secondo una nota congiunta di Federfarma, Fofi e Assofarm, potrebbero essere resi disponibili in farmacia sulla scorta dell’ok del ministero della Salute? «Per ora sono i test rapidi più diffusi ed è bene favorirne l’utilizzo per una riapertura del Paese. Ma, in ragione delle limitazioni descritte, è probabile che nel tempo cederanno il posto a quelli antigenici».

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