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Uno sguardo al futuro

LA PROFESSIONE

Uno sguardo al futuro

La categoria ha bisogno di una visione, occorre saper pianificare ciò che si vuole essere almeno nei prossimi cinque anni. «Devono cambiare la nostra formazione, il nostro modo di pensare, il nostro essere professionisti capaci di erogare una moderna idea di professionalità», dice Paolo Piovesan, farmacista e consulente di marketing e posizionamento strategico

26 novembre 2020

di Paolo Piovesan

Premesso che nessuno di noi possiede la famosa sfera di cristallo per immaginare davvero il farmacista del futuro, si possono però fare alcune riflessioni sulla direzione da prendere, in contrapposizione a quanto magari non è mai stato fatto finora.
Credo che la nostra categoria sia fondamentalmente basata su preziose individualità dal punto di vista tecnico professionale. Professionisti dediti a un lavoro che spesso ha ricevuto scarsi riconoscimenti. Tuttavia gli stessi sono oggi anche imprenditori che però non sempre si sono aperti ai cambiamenti, a quelle trasformazioni che velocemente hanno stravolto le loro imprese. In molti casi si sono adagiati su un autoelogio delle singole capacità e della professionalità della categoria, rimanendo perciò ancorati a vecchie logiche di formazione, ma l’individualismo li ha resi poco propensi a fare sistema con una vista che andasse un po’ oltre ai singoli e sporadici progetti.
Per guardare al futuro c’è invece bisogno di avere una visione, occorre saper pianificare con uno sguardo a ciò che vorremmo essere almeno nei prossimi cinque anni. Del resto, ne sono cambiate di cose negli ultimi dieci anni, la tecnologia ha fatto passi da gigante, sono diverse le aspettative delle persone, è cambiato radicalmente il modo di lavorare e la stessa proposta commerciale delle farmacie. Oggi ci sono nuove opportunità di reperimento e consegna dei prodotti, di connessione, di interfaccia con il cliente ma anche con i medici tramite una telemedicina che sarà sempre più spinta. E allora si apriranno occasioni per nuovi servizi e per nuove realtà di farmacia che i titolari non potranno sottovalutare.

Un cambiamento radicale

Invece ancora oggi, il più delle volte ci si limita a copiare le iniziative di qualche collega più intraprendente, si segue l’onda di mode o convenienze che rischiano di essere ormai esauste o mal interpretate. C’è una continua rincorsa al già visto, al già adottato e sfruttato, facendo così mancare l’idea di una vera novità da proporre in termini di immagine. Ma soprattutto, non creando i presupposti per essere innovativi come categoria, limitandosi a sporadiche iniziative piuttosto che puntare su qualcosa di più impostato e organico, rifiutandosi di osare, sarà difficile per un imprenditore riuscire a fare la differenza nei confronti di concorrenti sempre più agguerriti e determinati. Il gioco di squadra è importante per economizzare gli interventi e per dare struttura alle iniziative. Se manca una visione più ampia da parte delle organizzazioni di categoria o di un insieme di singoli titolari, sarà davvero dura. Forse un segnale arriverà presto dalle nuove catene, dai gruppi imprenditoriali che della progettazione fanno il loro business.
Del resto, la farmacia è evoluta da centro di dispensazione sanitaria a vera e propria impresa e, anche se controvoglia, ci si è dovuti adeguare a questa trasformazione perché ne andava della sopravvivenza. È in tale scenario che risulta evidente la necessità di quanto debba conseguentemente cambiare anche la nostra formazione, il nostro modo di pensare, il nostro essere professionisti capaci di erogare una moderna idea di professionalità.

Il robot “infernale” di San Francisco

Nella città di San Francisco esiste già una farmacia con un farmacista-robot in grado di leggere in assoluta autonomia le prescrizioni ed evadere il prodotto senza errori, acquisendo in pochi secondi dal paziente anche tutte le informazioni su patologie, potenziali allergie e medicinali già utilizzati, con la possibilità di misurare istantaneamente parametri quali battito cardiaco, pressione arteriosa, temperatura e saturazione dell’ossigeno nel sangue. Una macchina che rischia quindi di modificare alcune prospettive sul nostro ruolo e che forse bisognerebbe prendere in considerazione. Questo robot infernale può tra l’altro esaminare, dalla saliva di ciascuno, il Dna per ottenere un quadro dei possibili rischi sanitari e la predisposizione genetica a oltre novanta situazioni potenzialmente patologiche. Grazie alla telemedicina può infine mettere in collegamento direttamente il paziente con i medici per ottenere diagnosi e con gli specialisti per assicurarsi prestazioni (esempio elettrocardiogramma) senza recarsi in clinica. Credo non trascorreranno tanti anni perché tutto ciò arrivi anche da noi, è il naturale evolvere dei tempi (purtroppo).

Ripartire dai “perché”

Le trasformazioni in atto sono importanti, a parità di tempo trascorso le evoluzioni sono molto più rapide rispetto al passato. Le nuove opportunità finiranno inevitabilmente per mettere in discussione numerosi degli attuali scenari e si dovrà far ricorso a nuove economie. Quindi perché non pensare che potranno cambiare anche certe convenzioni? Allora chi si sarà organizzato, chi avrà progettato, riuscirà a sopravvivere, gli altri inevitabilmente sono destinati a cedere il passo. Guardare alla farmacia oggi pensando unicamente a come era ieri è un grave errore.
Però di occasioni per accogliere le sfide del cambiamento con positività ce ne sono, anche se ormai credo poco alla possibile aggregazione tra farmacisti. Tuttavia, c’è ancora spazio per ragionare sui “perché” di una professione, sulle vere motivazioni di un professionista e di un’impresa che presto si ritroveranno in ambienti completamente diversi ove dare risposte assolutamente nuove.
Se si vorrà competere con i farmacisti-robot si dovrà ricercare la capacità di differenziarsi positivamente, non sarà più sufficiente vendere solo le conoscenze sul prodotto ma piuttosto ci si dovrà orientare sulle vere esigenze, magari inespresse, delle persone.
Personalizzare allora non significherà più semplicemente apporre un’etichetta con il proprio nome su un barattolo, ma piuttosto sarà costruire vera empatia che vada oltre la semplice domanda «Come si sente oggi?».
Così la differenza sostanziale si materializzerà allorquando i farmacisti-umani saranno in grado di vendere valori piuttosto che solo prodotti, quando ci sarà la capacità di creare emozioni diverse in ciascuna farmacia. Solo quando ognuno avrà davvero qualcosa di particolare da raccontare, allora il prodotto giusto da consigliare non sarà più semplicemente il prodotto corretto.
A mio avviso, le parole chiave nel futuro scenario delle farmacie saranno: ambiente e accoglienza, scelte e identità, personalizzazione e specializzazione, visione e formazione, empatia e rapporti, organizzazione e tecnologia, aspettative e facilitazioni, “servizizzazione” del prodotto e “prodottizzazione” del servizio, fiducia e credibilità di una coerenza.
Scoprire la consapevolezza di un lavoro ben fatto porterà a considerare i profitti come una conseguenza, un premio e non solo un incentivo. Solo chi possiederà un forte “perché”, sicuramente poi sarà in grado di trovare i “come” agire e i “cosa” offrire.

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