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Uno sguardo sulle vaccinazioni in farmacia in Europa

L'INTERVISTA

Uno sguardo sulle vaccinazioni in farmacia in Europa

In otto Paesi europei già si somministrano i vaccini in farmacia e spesso lo fa il farmacista. Ne parliamo con Marco Nocentini Mungai, presidente di Federfarma Firenze e delegato al Pharmaceutical Group of European Union (Pgeu)

10 settembre 2020

di Carlo Buonamico

Clicca play per guardare la video intervista (durata: 9:13 minuti c.ca)

In otto Paesi europei è già possibile vaccinarsi contro l’influenza in farmacia. L’outcome clinico è un aumento anche del 30 per cento della copertura vaccinale. Per la campagna vaccinale antinfluenzale 2020/21 è attesa una richiesta di vaccinazione superiore rispetto al solito. Marco Nocentini, presidente di Federfarma Firenze e delegato Pgeu: «Credo che il ruolo della farmacia nella prevenzione vaccinale sarà ampliato». 

Quali sono i Paesi europei in cui le vaccinazioni possono essere somministrate in farmacia e da quando hanno iniziato a farlo?

Attualmente ci sono otto Paesi europei dove i farmacisti possono somministrare i vaccini in farmacia. Il primo progetto europeo in tal senso risale al 2007 e fu messo in atto in Portogallo. Il vaccino antinfluenzale poteva essere somministrato dietro presentazione di prescrizione medica e non era rimborsato. Nel Regno Unito si è iniziato nel 2010 con un progetto sperimentale, poi esteso in tutto il Paese. Il 2011 è stata la volta dell’Irlanda. Via via sono stati attivati altri progetti sperimentali anche in altre nazioni. La situazione attuale europea è prodromica all’apertura verso la vaccinazione in farmacia anche da parte di altri Paesi (ad esempio la Germania, ndg).

Quali tipi di vaccino sono somministrabili nelle farmacie europee?

Attualmente in farmacia è possibile somministrare solo il vaccino antinfluenzale.

In questi Paesi chi è il soggetto che somministra il vaccino? Il farmacista? Un infermiere o un medico che possono effettuare quest’atto sanitario all’interno della farmacia?

Sono in studio progetti che prevedono la sinergia di diversi operatori sanitari. Ma principalmente è il farmacista a vaccinare i cittadini, dietro una serie di requisiti sia strutturali della farmacia – locali, privacy ecc. – sia del farmacista stesso. Quest’ultimo nella maggioranza dei casi deve essere dotato di una sorta di diploma conseguibile frequentando un corso di formazione specifico per questo tipo di vaccinazione, oltre che un corso di rianimazione di base in caso si verifichino effetti collaterali alla vaccinazione. Inoltre, è previsto il caricamento dei dati relativi al vaccinato e al tipo di vaccino somministrato richiesto in portali istituzionali che permettano di rendicontare l’attività di vaccinazione effettuata in farmacia; un sistema analogo a quello che interessa i medici di medicina generale.

La vaccinazione in queste farmacie riguarda solo i soggetti fragili per i quali il vaccino è a carico del Servizio sanitario nazionale o anche quanti lo acquistano privatamente?

La situazione varia da Paese a Paese. Siccome l’obiettivo della vaccinazione in farmacia è di aumentare il tasso vaccinale complessivo, nella maggior parte dei casi questa pratica non è riservata alle categorie di popolazione a rischio, ma vi possono accedere anche coloro che non rientrerebbero nelle fasce di popolazione per le quali è prevista la gratuità.  Questo approccio ha consentito di aumentare il tasso di vaccinazione della popolazione generale.

È prevista una remunerazione per le farmacie che erogano il servizio vaccinale?

Certamente. La remunerazione varia a seconda del Paese ed è compresa in un range che va dai 6 ai 15 euro mediamente. Molto dipende dalla situazione economica e dal potere d’acquisto della singola nazione.

A seguito della possibilità di vaccinarsi in farmacia è cambiato il livello di copertura vaccinale della popolazione?

Un progetto pilota del 2018 nel comune portoghese di Lours, con l’intervento delle farmacie si è registrato un aumento del 31 per cento della copertura vaccinale. L’aumento del tasso di vaccinazione si è avuto anche in Irlanda e nelle province francesi della Nouvelle Acquitaine e Rhône-Alpes. Ancora, in Uk a gennaio 2020 si registravano 1,5 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale somministrati in farmacia.

Se anche in Italia ci dovesse essere un’apertura alla vaccinazione in farmacia, quali novità si dovrebbero introdurre dal punto di vista organizzativo anche sulla scorta dell’esperienza europea?

In primis un corso ad hoc per i farmacisti – come quello che propone Utifar – che attesti la capacità del farmacista di inoculare il vaccino. E poi una serie di requisiti minimi strutturali come avere locali adeguati, un sistema che garantisca la privacy (del cittadino, ndg) e una formazione di base in ambito rianimazione di emergenza.

Infine, un’opinione personale: crede che si possa riuscire a creare queste condizioni i Italia in tempo per l’avvio della campagna vaccinale 2020/21?

Dalle proiezioni pare che l’incremento della richiesta di vaccinazioni antinfluenzali potrebbe portare a criticità nella fornitura dei vaccini. Credo che il ruolo della farmacia nella prevenzione vaccinale sarà ampliato, perché la richiesta sarà tale da portare la farmacia a essere uno dei soggetti attivi in questa forma di prevenzione.

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