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Potenziare gli interventi sul territorio

FOCUS FARMACIA

Potenziare gli interventi sul territorio

Foto Andrea Mandelli (FOFI)

Con il contributo di

Dompé

Semplificazione e attuazione della sanità digitale, dal fascicolo sanitario elettronico al dossier farmaceutico. Senza dimenticare l’importanza strategica della Dpc. Le indicazioni per la fase 2 di Fofi, dalle parole del presidente Andrea Mandelli.

23 maggio 2020

di Carlo Buonamico

Archiviata la triste parentesi “mascherine”, la farmacia continuerà a rappresentare un fondamentale end point del Ssn. Proprio il territorio sarà il punto da cui ripartire per costruire la fase 2 e quelle successive, investendo sulla sanità territoriale in termini di assistenza domiciliare, diagnosi rapida e tracciamento. La farmacia, nell’ottica di agevolare l’accesso alle cure in sicurezza da parte del cittadino, chiede una reale attuazione della sanità digitale e il ritorno alla Dpc di tutti i farmaci che non siano di indispensabile dispensazione ospedaliera. A fronte di un’adeguata remunerazione da concordare.

  • La transizione tra fase 1 e fase 2 dell’emergenza Covid-19 per le farmacie è stata segnata dal “problema mascherine”. Lo scorso 12 maggio il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha riconosciuto la non responsabilità dei farmacisti per la mancata disponibilità delle mascherine al prezzo di 0,50 euro fissato dal governo. Ritiene sia stata posta la parola fine a questa triste diatriba?

La posizione della Federazione è stata definitivamente chiarita con il comunicato che abbiamo diramato il 12 maggio stesso: i sospetti e le illazioni che ci hanno colpito sono irricevibili e credo che con questa precisazione del commissario possa chiudersi questa parentesi intollerabile. Poi se ci sono stati abusi di singoli, sapremo intervenire, ma prove alla mano. Perché finora i moltissimi controlli eseguiti dalle forze dell’ordine hanno accertato pochissime “speculazioni”. Siamo stati i primi a denunciare che la filiera in cui rientrano le farmacie non era in grado di risolvere il problema della carenza di questi presidi in un mercato impazzito. E che occorreva un intervento della mano pubblica, cioè la fornitura da parte dello Stato, che abbiamo richiesto fin dai primi giorni della pandemia ottenendo in risposta promesse mai rispettate. Anzi, diciamolo chiaramente, il mercato delle mascherine e degli altri dispositivi di protezione non esisteva prima della pandemia: pochissime richieste, una produzione nazionale praticamente irrilevante e, d’improvviso, la necessità di fornire milioni di pezzi ogni pochi giorni. Per non parlare di altri fattori, come i blocchi alle dogane e la lentezza dei processi di certificazione. Più che un mercato, si è creata una partita a poker, e non voglio aggiungere altro.

  • Da più parti la fase 2 è indicata, se mai fosse possibile, ancora più traumatica della fase 1 per il Paese. Se come tutti si augurano non ci saranno nuove ondate di contagi, i problemi da affrontare saranno di ordine economico e sociale. Che ruolo può avere l’operato dei farmacisti per contribuire ad attutire questo tipo di conseguenze?

Più traumatica mi auguro proprio di no, ma è evidente che non abbiamo debellato l’epidemia; abbiamo contenuto per quanto possibile il contagio ed evitato il collasso delle strutture di ricovero, ma occorre ancora molta cautela. Le misure di prevenzione del contagio vanno mantenute, i comportamenti a rischio devono essere evitati e questo spetta a tutti noi come cittadini.
Ma poi si deve mettere mano al potenziamento degli interventi sul territorio, all’assistenza domiciliare di chi, contagiato, è rimasto chiuso in casa. Allo stesso tempo, bisogna realizzare un sistema di diagnosi rapida dei nuovi casi e di tracciamento dei contatti, per evitare che i piccoli focolai diventino nuove zone rosse. Noi farmacisti, in questo scenario, dobbiamo continuare a fare quanto fatto finora: assicurare l’assistenza farmaceutica, fare opera di informazione e orientamento del pubblico. Quanto all’aspetto delle conseguenze economiche e sociali, ricordo che la stessa esistenza del Servizio sanitario nazionale, di cui siamo orgogliosi di essere parte integrante, costituisce un formidabile ammortizzatore sociale: è avvenuto nella crisi del 2008 e sarà così anche oggi. E a questo proposito, vorrei sottolineare che le critiche mosse alla nostra Sanità, anche quelle giustificate, non possono cancellare il fatto che il nostro è un sistema universalistico che mira a non lasciare indietro nessuno.

  • Tra i nodi da sciogliere che ancora interessano la categoria c’è il tema del rinnovo del contratto nazionale per i dipendenti delle farmacie private. A che punto siamo? Quali sono le iniziative che Fofi intende intraprendere per favorire una ripresa del dialogo tra i rappresentanti dei titolari e quelli dei collaboratori di farmacia?

È fondamentale una premessa: la prima e più importante risorsa delle farmacie di comunità sono i colleghi collaboratori e mai come in questi mesi se ne è avuta una conferma. Le farmacie hanno potuto continuare a svolgere il loro servizio fondamentale grazie all’abnegazione di tutti i professionisti che vi lavorano. A loro va il mio grazie come presidente della Fofi, come titolare di una farmacia e soprattutto come collega. La professione ha pagato un pesante tributo a questa emergenza: centinaia hanno contratto la Covid-19 in servizio e in 17 ci hanno lasciato sopraffatti dalla malattia, nessuno dovrà dimenticarlo mai. E si tratta di titolari e di collaboratori, tutti professionisti della salute. Quindi sì: il rinnovo del contratto è un nodo da sciogliere. Il modello di farmacia che abbiamo in mente vive di professionalità, di sviluppo di competenze e conoscenze e tutto questo va riconosciuto, organizzativamente ed economicamente. È innegabile che la situazione economica della rete delle farmacie sia tutt’altro che florida in questo momento, ma va trovata una soluzione. La Federazione, sia per i suoi compiti istituzionali, sia in base alla giurisprudenza e al parere che avevamo chiesto al ministero del Lavoro già nel 1985, non ha alcuna competenza né può intervenire nelle trattative sindacali. Ciononostante abbiamo sempre operato perché vi fosse un confronto costruttivo tra le parti. È noto che a nostro avviso si dovrebbe uscire dall’area contrattuale del commercio e passare a quella della sanità. Questa è una decisione che spetta alle parti sindacali, non si agisce per legge, ma continueremo a sostenere e, per quanto possibile, facilitare questa soluzione.

  • Cosa, più in generale, ritiene necessario per agevolare l’operato dei farmacisti nella fase 2?

Ci sono alcuni elementi cardine che aiuterebbero i farmacisti a svolgere al meglio, nella fase 2 e in futuro, non solo le loro funzioni attuali ma anche quelle previste dal modello della farmacia dei servizi. Ne citerò solo alcuni. Il primo è la digitalizzazione della prescrizione. Se, grazie anche al nostro impegno, è stato possibile agevolare medici e pazienti, permettendo la comunicazione del solo numero della ricetta elettronica, allora si deve chiudere il cerchio: bisogna semplificare ulteriormente, si deve evitare che il farmacista debba stampare un promemoria per apporvi le fustelle, perché è già possibile tracciare tutto semplicemente per via digitale. E abbiamo già presentato proposte in questo senso al ministero della Salute. Un altro aspetto è la disponibilità dei farmaci sul territorio. In questa situazione di crisi si è visto quanto la distribuzione diretta sia anacronistica, come ho detto al ministro Roberto Speranza anche nel corso dell’ultima edizione di FarmacistaPiù, disagevole per il paziente e potenzialmente pericolosa in queste situazioni. Il paziente si sarebbe dovuto recare in ospedale, in piena emergenza, per ritirare un farmaco? Impensabile. Ribadiamo quindi la nostra richiesta che la distribuzione diretta sia limitata ai farmaci di uso esclusivamente ospedaliero o soggetti a monitoraggio intensivo, ma tutti gli altri devono tornare sul territorio. Come si è visto, ne va innanzitutto della sicurezza dei pazienti.
Fascicolo sanitario elettronico e dossier farmaceutico: si deve accelerare l’implementazione in tutto il Paese. Solo così si potrà potenziare l’assistenza sul territorio, sviluppare una rete operata dal medico curante, dal farmacista e dall’infermiere, che prenda in carico il paziente, prevenga l’aggravarsi delle patologie e, in ultima analisi, diminuisca il carico dell’ospedale.
Ma tutto questo, sia chiaro, richiede anche una diversa remunerazione della farmacia che consideri, come abbiamo sempre detto, tutte le funzioni che svolge, e svolgerà, oltre alla dispensazione: i servizi professionali, le prestazioni di front office, le campagne di prevenzione ed educazione sanitaria, e faccio solo alcuni esempi.

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