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Sulla recente proposta per la nuova remunerazione sta per svolgersi un gioco di ruolo che terrà impegnato il settore nei prossimi mesi. Ma questa volta le legioni della farmacia sono pronte a difendere la posizione più strategica.

29 ottobre 2019

di Marcello Tarabusi
e Giovanni Trombetta,
Studio Guandalini, Bologna

Se questo fosse un articolo dell’amico e Maestro Bruno Nicoloso, l’inevitabile incipit sarebbe: Heri dicebamus…

Nel periodo a cavallo della fine del 2012 ci siamo infatti più volte occupati della riforma della remunerazione, anche partecipando ai lavori presso l’Aifa. Abbiamo illustrato in varie sedi le ragioni per le quali eravamo convinti che la proposta di allora, composta di un mix quota fissa + quota variabile, fosse una soluzione vincente: la dinamica della spesa farmaceutica negli ultimi anni dimostra che non eravamo lontani dal vero.

Tabella 1

A fronte del costante calo della farmaceutica territoriale nel periodo 2011-2018 si registra un raddoppio della spesa per distribuzione diretta e un incremento del 60 per cento nella spesa ospedaliera

L’ANALISI DELLO SCENARIO

La Tabella 1 mostra l’evoluzione della spesa farmaceutica, lorda e netta, e l’andamento del numero di ricette nel periodo dal 2010 al 2018. La comprensione dei dati è più agevole se si osserva la rappresentazione del Grafico 1, che mostra il trend delle variabili osservate. Nel 2018 spesa lorda e spesa netta sono calate, rispettivamente, di -3,38 per cento e di -4,07 per cento. La spesa netta, dopo un crollo tra 2011 e 2012 del 8/9 per cento annuo, ha stabilizzato sino al 2017 una decrescita (purtroppo per noi infelice) compresa tra l’1,5 per cento e il 3 per cento all’anno.

Grafico 1

In sintesi, i dati dimostrano che – come era facile profetizzare – il fatturato Ssn delle farmacie è diminuito ed è destinato, in assenza di correttivi, a diminuire ulteriormente. Il fenomeno è ancora più evidente se si osserva la dinamica della farmaceutica convenzionata in parallelo con le altre componenti del consumo di farmaci in Italia, ricavabili dal Rapporto OSmed 2018 (Tabella 2).

Tabella 2

A fronte del costante calo della farmaceutica territoriale, infatti, nel periodo 2011-2018 si registra un raddoppio della spesa per distribuzione diretta e un incremento del 60 per cento nella spesa ospedaliera. Bisogna però considerare che mentre la farmaceutica convenzionata è contabilizzata a prezzi di fustella, la spesa pubblica è conteggiata sulla base dei costi sostenuti dalle strutture che, come noto, beneficiano dello sconto minimo del 50 per cento (che spesso sale molto al di sopra di tale soglia minima di legge). Gli oltre 12 miliardi di euro di spesa pubblica (7,6 di ospedaliera, 4,6 di distribuzione diretta) valgono probabilmente, in termini di prezzo al pubblico, oltre 20 miliardi di euro. È impossibile fare una stima esatta perché vi sono medicinali, specie quelli innovativi, che transitano solo sul circuito ospedaliero e per i quali, quindi, è difficile fare confronti con un prezzo al pubblico sul canale farmacia, dove il medicinale non è mai stato immesso. In sintesi: la redditività del comparto mutualistico in farmacia è oggi ai minimi storici.

Le farmacie fortunatamente non sono rimaste inerti e hanno imparato a gestire le altre leve commerciali della gestione. Una simulazione da noi fatta nel 2013 [Apocalisse 20.16, Punto Effe n. 11, 25.6.2013] ipotizzava che nel 2016, appunto, il costante calo del margine sul farmaco Ssn avrebbe portato i costi di struttura della farmacia a consumare tutti i margini commerciali, lasciando al titolare esclusivamente la remunerazione del suo lavoro. A fronte di tale rischio raccomandavamo ai farmacisti «controllo di gestione, grande attenzione ai costi e tanta, ma tanta presenza in farmacia»: evidentemente siamo stati ascoltati, perché l’esame dei dati a consuntivo dimostra che la nostra “profezia”, fortunatamente, non si è avverata.

Il Grafico 2 mostra infatti che, pur in una condizione di sostanziale stabilità dei fatturati, la redditività della farmacia dopo il 2013 è tornata a crescere, segno evidente che di fronte alla perdita di reddito sui fatturati mutualistici i farmacisti – anche grazie alle iniziative di rete – hanno saputo recuperare marginalità su tutto il resto della gamma di prodotti.

Grafico 2

LA NUOVA PROPOSTA DI RIFORMA

Non bisogna però cullarsi sui risultati ottenuti, perché il rapporto con il Ssn è tuttora seriamente minacciato: l’innovazione farmaceutica oggi transita solo dagli ospedali, mentre i valori e i margini unitari dei medicinali dispensati in farmacia scendono. In assenza di correttivi, il rischio è di ritrovarsi a dispensare esclusivamente prodotti generici o genericabili, in fasce di prezzo molto basse.

Per prevenire il fenomeno prima ancora che contrastarlo, Federfarma e Assofarm, con l’appoggio della Fofi, hanno elaborato una nuova proposta di riforma dei margini della farmacia. In un documento destinato alla parte pubblica sono stati illustrati i criteri con i quali si è giunti a formulare una proposta, che si articola in una tabella (Tabella 3) che ormai tutti conoscono.

Tabella 3

In sintesi, si tratta di un mix tra quota fissa (distinta per tre scaglioni di prezzo) e una componente variabile pari al 7 per cento, a cui si aggiungono la premialità (+ 0,10 €) per i prodotti non soggetti a sconto Ssn (generici e originator aventi prezzo pari a quello di riferimento) da un lato e le quote aggiuntive che sarebbero applicabili alle farmacie agevolate (che oggi subiscono uno sconto ridotto).

Si prevede poi che le quote fisse siano indicizzate in via automatica per l’inflazione e si ipotizza una periodica verifica del modello per tener conto di eventuali mutamenti del settore (modifiche normative, variazioni rilevanti dei volumi nei vari canali di distribuzione, modifiche sostanziali del prezzo medio dei farmaci, modifica dei confezionamenti dei singoli farmaci…).

Nel saggio di Nassim Nicholas Taleb “Il Cigno Nero”, si descrive come tentare di arginare gli effetti negativi degli eventi “impossibili” o perlomeno “improbabili” (detti “cigni neri”), sfruttandone anche la parte positiva, piuttosto che tentare di volerli predire. Taleb sostiene che le banche e le imprese commerciali sono molto vulnerabili agli eventi pericolosi. I modelli sviluppati per prevederli non sono adeguati e non danno la quantità delle reali perdite a cui questi enti sono esposti. Taleb afferma che la percezione di un evento di tipo “cigno nero” dipende dall’osservatore; per esempio la visione di un evento di tipo “cigno nero” per un tacchino non è sicuramente identica a quella che ne ha il suo macellaio. Di qui l’obiettivo di “evitare di essere il tacchino” scansando le aree di vulnerabilità per poter “trasformare i cigni neri in cigni bianchi”.

SIMULAZIONE DI IMPATTO DELLA PROPOSTA

Da quanto la proposta ha iniziato a circolare, i titolari sono in fibrillazione per capire se il nuovo modello premierà o penalizzerà la loro farmacia. Circolano già alcune elaborazioni che potremmo definire “galeniche” perché fatte estemporaneamente. Come sempre avviene nella elaborazione di simulazioni in questo settore, sarebbe però del tutto errato fondare la propria opinione sulla simulazione del risultato del nuovo modello sulla liquidazione della distinta di una singola farmacia o di un piccolo campione di farmacie. Non è necessario scomodare il tacchino di Nicholas Nassim Taleb per argomentare l’inutilità del ragionamento induttivo basato su un campione molto ridotto; nel caso in specie le variabili (fasce di prezzo del singolo prodotto, mix quota fissa / margine percentuale, quote premiali, classe di sconto Ssn applicabile) sono davvero troppe per generalizzare risultati che, su ogni singola distinta, dipendono in modo determinante dal mix di prodotti dispensati nel mese. Per avere un dato esatto bisognerebbe rielaborare tutte le distinte di tutte le farmacie.

Siamo però pronti a scommettere che la rielaborazione della propria Dcr con la nuova remunerazione sarà lo sport nazionale di tutti i farmacisti non appena le software house rilasceranno gli aggiornamenti che consentono di fare le simulazioni (ne abbiamo viste alcune in ambiente di prova, e sono ovviamente molto interessanti). Noi preferiamo fare qualche ragionamento macroeconomico sulla tenuta del modello, anche se, per accontentare i più curiosi, mostreremo anche qualche esempio di calcolo sulla singola farmacia.

Cominciamo dai dati generali. Il documento di presentazione sottolinea che nell’anno 2018 il margine complessivo per le farmacie, calcolato sulla base delle scontistiche di legge, ammontava a 2.242.250.199 €, contro un margine stimato per l’anno 2015 di 2.353.106.528 €, registrandosi così una diminuzione di – 130.729.958 €, pari a – 4,94 per cento. Dal modello proposto ci si attende che, coeteris paribus, la remunerazione complessiva spettante alle farmacie si attesti su 2.523.784.714,01 €, simulata sul numero di confezioni erogate dalle farmacie nel corso del 2018 – pari a 1.109.060.629 € – e tenendo conto del mix di confezioni erogate nel mese di giugno 2019. Sembra quindi che con l’applicazione della nuova remunerazione la farmacia, nel suo complesso, manterrebbe i margini attuali, con un leggero miglioramento.

L’analisi che segue è fondata esclusivamente sul raffronto tra il nuovo sistema e i margini prefissati di legge (30,35 per cento sul farmaco, 8 per cento addizionale sul generico da ripartire tra farmacia e grossista). I calcoli di convenienza vanno fatti necessariamente con questi parametri, perché eventuali migliori condizioni di mercato resteranno affidate, come lo sono oggi, al libero mercato della filiera. Impiegare in un calcolo esemplificativo i margini “reali” risulterebbe perciò del tutto fuorviante: un ricalcolo affidabile può essere elaborato solo riliquidando ogni singola distinta con la simulazione del gestionale e allineando per entrambe le simulazioni (vecchia e nuova remunerazione) la scontistica ai margini di legge; diversamente si otterrebbero delle distorsioni.

Non bisogna però accontentarsi di questa simulazione, non verificabile senza disporre della enorme mole di dati che serve a rifare tutti i calcoli. Abbiamo allora voluto vedere come reagirebbe il modello in presenza di modificazioni del mix dei prodotti per classi di prezzo: in presenza di cali generalizzati di prezzo i farmaci si potrebbero addensare nelle fasce con i margini unitari più bassi (0,50); viceversa una crescita generalizzata – per esempio se si avesse una ripresa dell’inflazione – spingerebbe verso le fasce alte. Come si modificherebbero i margini per effetto del mix quota fissa/quota variabile? Per poter condurre l’analisi abbiamo necessariamente dovuto far ricorso a delle semplificazioni; in particolare, non è stato possibile elaborare i calcoli delle quote premiali, perché il loro impatto dipende dalla natura agevolata o meno della farmacia e dalla incidenza dei medicinali equivalenti su ogni fascia di prezzo. Abbiamo perciò limitato la nostra analisi al margine “base”, dato dalla somma della quota fissa per fasce di valore e del 7 per cento sul prezzo di fustella al netto Iva.

Il dato di partenza è quello indicato nella Tabella 4, che mostra la composizione delle tre fasce di medicinali per numero di fustelle e per valore. Come si vede intuitivamente, i prodotti di fascia alta rappresentano meno del 20 per cento del totale, ma producono quasi il 50 per cento del fatturato lordo. Applicando ai valori di tabella le due componenti fissa e variabile si ottiene un margine base (ossia senza premialità per equivalenti e agevolazioni) di circa 2,45 miliardi di euro.

Tabella 4

Sembra quindi che con l'applicazione della nuova remunerazione la farmacia, nel suo complesso, manterrebbe i margini attuali, con un leggero miglioramento

Come si modificherebbe questo margine se si verificassero delle perturbazioni di mercato? La Tabella 5 mostra l’impatto di quattro distinti scenari alternativi. La prima ipotesi (Shift -10 per cento × scaglione) simula l’effetto che avrebbe una traslazione (“shift” appunto) del 10 per cento dei pezzi di ciascuna classe alla classe di inferiore (per esempio per riduzioni di prezzo, genericazione…). La seconda simulazione (Shift +10 per cento × scaglione), al contrario, mostra che impatto avrebbe il passaggio del 10 per cento di ciascuno scaglione di prezzo a quello superiore. Gli altri due casi analizzano invece l’impatto di una concentrazione dei prezzi sulle fasce intermedie (riducendo del 10 per cento sia gli scagioni bassi che quelli alti, concentrando i pezzi nel cluster centrale), mentre l’ultima mostra l’effetto di una “polarizzazione” verso gli estremi (immaginando che lo slittamento del 10 per cento dei pezzi si concentri nelle due fasce alta e bassa, spopolando il cluster centrale).

Tabella 5

Come si vede dalle ultime righe della tabella, che evidenziano anche gli scostamenti del margine base rispetto allo stato iniziale, elaborato sulla base dei prezzi medi di ciascun micro-scaglione di 1 euro, il modello è solido (con un brutto anglismo oggi in voga si potrebbe dire “resiliente”): a fronte di significative oscillazioni nella composizione del mix dei vari scaglioni, le variazioni dei margini complessivi del sistema si contengono in oscillazioni inferiori al 2 per cento. Precisiamo che i calcoli della traslazione del numero di pezzi tra fasce di valore è elaborato suddividendo ulteriormente i cluster in scaglioni da 1 euro di valore ciascuno, mentre la tabella (per semplicità) mostra l’effetto complessivo sui tre scaglioni di remunerazione.

Come promesso ai lettori più curiosi, abbiamo anche simulato l’applicazione della nuova remunerazione alla liquidazione della distinta di un mese di tre diverse farmacie (tutte emiliane). Come si vede nel prospetto delle simulazioni (Tabella 6), in tutti e tre i casi risulta che il nuovo modello assicura margini più elevati a parità di composizione della distinta. Nelle Regioni con media ricetta molto bassa è intuitivo che ciò possa verificarsi, ma le analisi macroeconomiche qui esposte e altre simulazioni elaborate in questi giorni dimostrano che nella maggioranza dei casi il modello è vantaggioso o comunque non penalizzante. Ci consideriamo a buon diritto, se non proprio esperti, quantomeno ottimi dilettanti in materia di remunerazione, viste le nostre esperienze passate: tutte le analisi che abbiamo condotto ci inducono a ritenere che questa proposta sia interessante e ben congegnata.

Tabella 6

Le analisi macroeconomiche qui esposte e altre simulazioni elaborate in questi giorni dimostrano che nella maggioranza dei casi il modello è vantaggioso o comunque non penalizzante

DUE CAVEAT CONCLUSIVI: GROSSISTI E FISCALITÀ

Non sono però tutte rose e fiori: due aspetti vanno tenuti presente nelle future trattative. In primo luogo, il modellino economico è costruito in modo decisamente corretto, ma ne manca tuttavia un pezzo: a differenza di quanto accadde nel 2012, infatti, la proposta non è stata redatta di comune accordo con le sigle della distribuzione intermedia. Nella nostra esperienza di quegli anni la partecipazione congiunta di tutta la filiera fu premiante e consentì di realizzare una piattaforma che tutti – farmacie e grossisti – percepivano come equa e non distorsiva.

Oggi invece la distribuzione intermedia formulerà una propria proposta autonoma, non integrata nel modello; proposta che dovrebbe contemplare – encomiabilmente – il semplice mantenimento del margine attuale del 3 per cento, a cui si propone di aggiungere una quota fissa aggiuntiva di 0,25 € a pezzo, che dovrebbe – ancor più encomiabilmente – essere recuperato a carico dell’industria, per non gravare sulla farmacia. Ferma la chiara impostazione del progetto e la complessiva convenienza economica se la formula venisse accolta così come proposta, sul risultato finale per il conto economico della farmacia inciderà anche il “basket” ideale (farmacia o industria) da cui inopinatamente, ma anche inevitabilmente, si dovranno estrarre le risorse vitali per l’indispensabile recupero di marginalità della distribuzione intermedia. Nobile intento è quello di traslare la quota fissa a monte della filiera, per il quale auspichiamo sinceramente il massimo successo; ma se l’ottimismo della volontà – e l’affezione a un comparto che da sempre seguiamo con attenzione – ci inducono a essere vicini ai desiderata dei grossisti, il pessimismo della ragione ci fa temere che si tratti di un vaste programme.

Last but not least, il contenuto economico della nuova proposta è solo uno degli aspetti da tenere presente nella redazione del testo definitivo dell’accordo prima e dell’articolato normativo poi. Un aspetto a cui porre estrema attenzione è la modalità tecnica di configurazione del corrispettivo attribuito alla farmacia. La proposta ha cura di precisare che «il nuovo modello di remunerazione che si propone lascia inalterato l’attuale meccanismo di determinazione del prezzo al pubblico, riguarda esclusivamente le forniture effettuate al Ssn e non incide sul margine della distribuzione intermedia e sul prezzo ex-factory». Bisognerà però specificare molto bene che si tratta, comunque, di una diversa modalità di formazione di un “prezzo di cessione” del medicinale al Ssn: solo così, infatti, si potrà considerare unitariamente il prezzo di rimborso finale costituito da prezzo ex factory + margine grossista + margine della farmacia con nuovo metodo; e solo in tal modo si potrà avere la certezza che l’intero importo percepito dalla farmacia possa essere assoggettato a Iva con l’aliquota 10 per cento propria delle cessioni di medicinali.

Attenzione, invece, a evitare spinte propulsive verso la scomposizione del margine in quota variabile e quota fissa, con il rischio di attrazione di quest’ultima parte alla disciplina della fee for service (con immancabile rischio Iva 22 per cento o superiore) o – duole congetturare – all’onorario professionale che in tesi si vorrebbe da taluni addirittura esente da Iva quale prestazione sanitaria (la componente ordinistica dovrà quindi fare uso di grande saggezza nel contenere le pur legittime rivendicazioni “professionali” che a gran voce richiedono di enfatizzare l’“onorario”).

È bene infatti ricordarsi che l’eventuale differenziale di aliquota Iva sarebbe un costo puro per la parte pubblica, che non accetterebbe di mantenerlo a proprio carico e lo eroderebbe dai margini, vanificando gli sforzi fatti. È vero che si potrebbe sempre invocare il principio di accessorietà ex art. 12 dpr 633/72 e applicare la medesima Iva della prestazione principale, ma le complicazioni nella gestione di una componente separata di corrispettivo avente natura differenziata sarebbero numerose e di non poco momento (anche sul piano delle responsabilità e della disciplina contrattuale applicabile). L’applicazione di una componente esente, dal canto suo, oltre a essere problematica (difficile qui ipotizzare una prestazione “resa alla persona” come richiede la disciplina comunitaria) creerebbe qualche non lieve problema sulla detrazione dell’Iva a monte.

CONCLUSIONE: A SAGUNTO!

Tante volte siamo stati costretti a lamentare che si perdesse tempo e non si concludesse granché (l’ormai celebre “modello di Ness”) pur dando adito a interminabili discussioni, e abbiamo ricordato che dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (mentre a Roma si delibera, Sagunto viene espugnata). Ciò detto, nella partita di Risiko che si giocherà nei prossimi mesi sulla remunerazione, i carrarmatini della farmacia sono, per una volta, strategicamente schierati proprio alle porte di Sagunto: non resta che augurare loro “In bocca al lupo!”. E che crepi, alla faccia del politically correct.

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