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Biotech: quale innovazione nel post pandemia

IL CONVEGNO

Biotech: quale innovazione nel post pandemia

convegno

Il secondo appuntamento 2021 promosso da Federchimica Assobiotec nell’ambito del progetto “Il futuro migliore” ha raccontato il rinnovamento utile al Paese per il prossimo (migliore) futuro

22 luglio 2021

di Claudio Buono

Una diretta web per presentare l’innovazione biotech che serve al nostro Paese dopo la pandemia, con le proposte delle imprese del settore per costruire insieme il cambiamento e la rinascita italiana, grazie al Next Generation Eu (il piano per la ripresa dell’Europa), al Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e alla prossima legge di stabilità.
Riccardo Palmisano, presidente Federchimica Assobiotech, ha introdotto i lavori del convegno – promosso dall’associazione e dedicato a “Il futuro migliore” – parlando di momento e metodo per utilizzare al meglio la tecnologia, ma anche di innovazione e di co-progettare, ascoltare e portare competenze.

L’italia e le lezioni della pandemia

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in merito all’emergenza Covid-19 ha evidenziato due criticità di sistema molto importanti, ovvero i rapporti tra Stato e Regioni e i definanziamenti degli ultimi anni (si parla di 37 miliardi di euro). Altro punto trattato, l’importanza di rilanciare il Servizio sanitario nazionale: secondo Cartabellotta non serve una riforma costituzionale ma, appunto, migliorare i rapporti tra Stato e Regioni. Il relatore hai poi parlato di digitalizzazione e del grande gap che sussiste a livello di tecnologia e interoperabilità: «Occorrono assolutamente riforme di rottura perché senza queste sarebbe come limitarsi a mettere delle toppe a una situazione di grave criticità». Per finire, ha fatto riferimento alle possibili, prossime ondate pandemiche: «Avremo sicuramente un incremento dei contagi, ma con un impatto basso o minimo di ricoveri, quindi con un carico che graverà meno sul sistema ospedaliero».
Per Mario Calderini, professore ordinario di Social innovation e strategia aziendale, School of mangement del Politecnico di Milano, la recente pandemia ha evidenziato la necessità di trovare delle partnership tra pubblico e privato. Purtroppo i segnali non sono confortanti: «In Italia la storia del digitale in sanità è un fallimento e la colpa è anche nostra, considerato che si tratterebbe di un processo tutto sommato abbastanza semplice da realizzare». Calderini ha anche sottolineato come la pandemia a conti fatti abbia insegnato alle aziende valori come reciprocità, collaborazione, mutualismo, visto che sempre di più cercano un ingaggio nel settore pubblico. Purtroppo c’è ancora poca collaborazione in tal senso e si accusa molto spesso il pubblico di un eccesso di burocrazia. Per finire, il relatore ha messo in luce un elemento strategico rappresentato dalla discesa in campo del terzo settore, vale a dire la società civile: «Non c’è collaborazione tra pubblico e privato che non passi anche attraverso il non profit».

Il mondo dell’innovazione biotech

Secondo l’immunologo Giacomo Gorini, qualcosa può essere fatto da parte delle nostre realtà accademiche per mettersi in pari con quelle di altri Paesi (Regno Unito e Stati Uniti, per esempio). Gorini ha parlato del college come di un incubatore di idee, idee che emergono non solo iperspecializzandosi in un determinato ambito, ma anche quando i giovani si connettono su diversi argomenti.
Barbara Marini, ad di Intercept Italia, ha discusso di come costruire il futuro del biotec in Italia e rendere il nostro Paese nuovamente competitivo: «Decisamente l’innovazione, la visione e l’idea scientifica sono importanti. Ma fare innovazione e quindi sviluppo tecnologico richiede anche molte risorse economiche e altrettante competenze specifiche, oltre a una visione globale». Per Marini, quindi, costruire il futuro significa anche avere le competenze tecniche e di sistema che consentano a questa visione di diventare una realtà.
Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon, ha trattato l’argomento brevetti e in particolare la protezione di questi ultimi: «Necessitiamo di farmaci fruibili», ha detto, aggiungendo «quanto sia importante il potenziamento di strutture prossime ai ricercatori che li aiutino a immaginare uno sviluppo possibile e quindi potenzialità di brevetto all’interno della propria ricerca». L’innovazione passa soprattutto attraverso la collaborazione che Pasinelli definisce un processo maieutico. La relatrice ha citato anche la possibilità di poter effettuare un pre-sviluppo dei prodotti già in ambito accademico e della necessità di massicci investimenti sulla ricerca, non solo quella clinica.
Sul concetto di governance si è espresso Fabrizio Greco, ad di AbbVie Italia, che ha affermato come l’attuale sistema di governance farmaceutica non sia adeguato a gestire la spesa ospedaliera. «Crea incertezze e penalizzazioni per le aziende che operano in questo settore, il quale, dal 2013, è stato sottofinanziato di un miliardo e ottocento milioni di euro in media ogni anno. Per la nuova governance è necessario, quindi, un finanziamento adeguato ai bisogni di salute e realmente allocato dove sussistono tali bisogni, nonché la garanzia che queste risorse non vengano utilizzate per altri scopi».
Marcello Cattani, presidente e ad di Sanofi Italia, ha trattato il tema della produzione innovativa in Italia, affermando che per attrarla nel nostro Paese servono tre condizioni: la definizione da parte del Governo di una strategia di sviluppo che punti sulla ricerca e la partnership pubblico-privato, coinvolgendo le università; la semplificazione e una minore burocrazia (servono regole semplici e nuove per disciplinare il lavoro, la fiscalità e il trasferimento tecnologico); il funding, ovvero la capacità di investire in questo settore da parte del Governo e di attrarre nuovi capitali privati. «Dobbiamo creare hub di eccellenza che possano competere con Francia e Germania», ha concluso Cattani.

La politica e le organizzazioni di rappresentanza

Beatrice Lorenzin, presidente dell’Intergruppo parlamentare sulla sperimentazione clinica e componente della Commissione bilancio della Camera dei deputati, dopo aver descritto come opera l’Intergruppo da lei guidato, ha parlato di trasferimento tecnologico e dell’attesa dei decreti attuativi (il Covid-19 ha sicuramente rallentato molti processi). «È molto importante tradurre le risorse in strumenti da utilizzare in modo competitivo», ha dichiarato Lorenzin.
Per Gaetano Guglielmi, direttore Ufficio Rete Irccs e Ricerca Corrente del Ministero della Salute, riuscire ad avere un sistema di ricerca che entri in un meccanismo competitivo è sicuramente un problema fondamentale. Un meccanismo che però sia in grado di apportare prodotti finali per il paziente. «Cosa non semplice da fare a causa di diversi vincoli operativi e di rapporti problematici con le industrie», ha chiarito Guglielmi, aggiungendo che il ministero si impegna per stimolare la competitività degli istituti sotto tutti i punti di vista, ma il sistema deve aiutare il trasferimento finale sul paziente. «Occorre poi creare un ecosistema adeguato, con esperti che aiutino il ricercatore a impostare il progetto», ha concluso il relatore.
Anna Lisa Mandorino, segretaria nazionale Cittadinanzattiva, ha spiegato come sia rilevante saper gestire le informazioni sui cittadini per migliorare i servizi. Molto importante è il coinvolgimento dei cittadini stessi, tenendo conto di quello che è il loro punto di vista. Che, tra l’altro, si sarebbe potuto rivelare utile per individuare le criticità nel nostro Ssn durante la pandemia. «Un coinvolgimento che però dovrebbe essere sempre più sistematico», ha chiarito Mandorino.

In chiusura del webinar, Giuseppe Recchia, vicepresidente della Fondazione Smith Kline e fondatore di daVinci Digital Therapeutics, ha evidenziato come occorra ripartire dal capitale umano digitale, che vede purtroppo l’Italia fanalino di coda in Europa, mentre per altri Paesi la medicina digitale non è il futuro ma bensì una realtà che già ben conoscono e praticano. «È dunque molto importante investire in informazione e formazione, e quindi nel capitale umano, oltre che saper utilizzare in modo bilanciato medicina digitale e tradizionale». Recchia ha concluso dicendo che il dato è diventato ovviamente l’elemento centrale di questo processo e che la salute non è solo farmaco o digitale, ma una combinazione di tecnologie.

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