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Cartabellotta: Sos per il sistema sanitario

L’INTERVISTA

Cartabellotta: Sos per il sistema sanitario

Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBE

Il Ssn è sempre più svuotato di risorse e progettualità coordinate. Il DM 77 è un buon punto di partenza, ma la riforma dell’assistenza territoriale si scontrerà inevitabilmente con la difficile armonizzazione di 21 servizi sanitari regionali diversi. La farmacia? Opportunità enorme, purché vengano definiti criteri di accreditamento adeguati. A colloquio con il presidente di Gimbe

1 febbraio 2024

di Laura Benfenati

Nino Cartabellotta è presidente della Fondazione Gimbe, medico e tra gli esperti più autorevoli di ricerca e sanità del nostro Paese. È coordinatore scientifico dei programmi istituzionali della Fondazione – in particolare #SalviamoSSN, finalizzato a salvaguardare un Servizio sanitario pubblico, equo e universalistico – cura la pubblicazione annuale del Rapporto sulla sostenibilità del Ssn e coordina l’Osservatorio Gimbe sul Ssn, per un monitoraggio continuo e indipendente su responsabilità e azioni di tutti gli stakeholder della sanità. Lo incontriamo per fare il punto sul piano di rilancio del Ssn elaborato dalla Fondazione Gimbe, sulla riforma dell’assistenza territoriale e il ruolo delle farmacie.

Dottor Cartabellotta, si amplificano i dissidi tra Regioni e Governo sul finanziamento del sistema sanitario proprio nel momento in cui si parla di autonomia differenziata. Quali sono i timori e le “ricette” della Fondazione Gimbe?

Al di là delle strumentalizzazioni politiche, i numeri parlano chiaro: negli ultimi 15 anni i Governi di tutti i colori hanno tagliato o non finanziato adeguatamente il Servizio sanitario nazionale, sino a portare il nostro Paese a essere in Europa primo tra i Paesi poveri in termini di spesa sanitaria pubblica pro-capite. Infatti, nel 2022 siamo davanti solo ai Paesi dell’Europa meridionale (Spagna, Portogallo, Grecia) e dell’Europa dell’Est, eccetto la Repubblica Ceca. Dal 2010 il divario con la media dei Paesi europei è progressivamente aumentato, arrivando nel 2022 a 873 dollari (pari a 801 euro), che complessivamente corrisponde a una voragine di 47,3 miliardi di euro. Nell’intero periodo 2010-2022 il gap cumulativo arriva alla cifra monstre di 363 miliardi di dollari, ovvero circa 333 miliardi di euro. Una progressiva sottrazione di risorse che ha portato all’inesorabile indebolimento del Ssn nelle sue componenti strutturale, tecnologica, organizzativa e, soprattutto, professionale. Il Piano di Rilancio del Ssn elaborato dalla Fondazione Gimbe prevede numerose azioni che richiedono coraggiose riforme, attese da oltre un quarto di secolo. Ma il progressivo rilancio del finanziamento pubblico è una condicio sine qua non. E purtroppo la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza non fa ben sperare: il rapporto spesa sanitaria/Pil dal 2023 al 2026 scenderà dal 6,6 per cento al 6,1 per cento. Quanto all’autonomia differenziata, è evidente che legittimerà la frattura Nord-Sud: ovvero le Regioni meridionali saranno sempre più dipendenti dalla sanità del Nord, compromettendo l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute.

Come evolverà la riorganizzazione della medicina territoriale tra rivendicazioni dei medici e ruoli non ben definiti – e in alcuni casi sovrapposti – di medici di medici generale (Mmg), farmacisti e case di comunità?

Il DM 77 è un ottimo punto di partenza e tutte le scadenze europee della Missione Salute del Pnrr al 31 dicembre 2023 sono state rispettate, ma ora che la “messa a terra” è fatta, emergono i reali ostacoli all’implementazione della riforma dell’assistenza territoriale in 21 diversi Servizi sanitari regionali. Che, va ribadito, è formalmente una “riforma” in quanto target del Pnrr, ma che per essere attuata richiede coraggiose innovazioni. La grave carenza di personale infermieristico, il ruolo dei medici di medicina generale, l’integrazione con le farmacie, i divari Nord-Sud rappresentano ostacoli non indifferenti. Riforme che vengono frenate, oltre che dall’inerzia politica, da posizioni di categoria che difendono strenuamente i privilegi acquisiti con l’obiettivo di voler “cucire” il DM 77 sulle proprie esigenze, piuttosto che mettere a disposizione la loro professionalità per migliorare il sistema delle cure primarie. E a tal proposito vale la pena ribadire proprio mentre il Pnrr ci chiede di ridurre i divari territoriali e di rilanciare il Mezzogiorno, in Parlamento procede il cammino verso l’approvazione in legge del DdL Calderoli che inevitabilmente finirà per aumentarle.

Il modello privato convenzionato delle farmacie territoriali è in evoluzione e ha dimostrato tutta la sua efficienza: quali sono le criticità all’orizzonte per il canale e quali le opportunità?

Durante la pandemia abbiamo potuto toccare con mano le grandi potenzialità delle farmacie, che sono “scese in campo” per tamponare tutte le criticità e le contraddizioni dell’assistenza territoriale. Le opportunità sono enormi, visto che la loro capillarità sul territorio favorisce quell’assistenza di prossimità su cui è basata la riforma del DM 77. E la proroga del rifinanziamento della sperimentazione della farmacia dei servizi va in questa direzione. Ma anche qui servono coraggiose riforme: infatti l’ostacolo principale da superare per un’ottimale integrazione delle farmacie nel SSN è definire criteri di accreditamento strettamente correlati alle tipologie di prestazioni che devono erogare. Ed è assolutamente necessario tracciare confini netti tra le attività squisitamente commerciali e quelle di presidio territoriale del Ssn.

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