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Catene e network in evoluzione

LA RICERCA

Catene e network in evoluzione

© LeoWolfert//shutterstock.com

I progetti retail di catene e network, ben riconosciuti dall’industria, non sono però ancora “compiuti”. Interessante che alcuni di quelli non di proprietà abbiano ricevuto, nella ricerca Reverse Audit, valutazioni migliori di quelli in catena. A colloquio con Paolo Bertozzi, Founding Partner e Head of Industry Pharma di TradeLab

17 marzo 2022

di Laura Benfenati

Reverse Audit, l’annuale ricerca condotta da TradeLab, racconta la domanda che esprime l’industria nei confronti della distribuzione intermedia e analizza il posizionamento competitivo dei principali distributori, con i loro punti di forza e le aree di miglioramento. L’industria ha valutato non soltanto il miglior distributore, quello più collaborativo e quello che offre l’insegna progetto/retail più efficace, ma anche la migliore catena proprietaria di farmacie, il miglior network di affiliazione, il più collaborativo e quello che offre la migliore insegna/progetto retail. Ne parliamo con Paolo Bertozzi, Founding Partner e Head of Industry Pharma di TradeLab.

Nell’ultimo periodo si sente spesso dire che ancora non esiste un progetto retail vero nel mondo della farmacia italiana: la vostra ricerca conferma o smentisce questa affermazione?

Direi che la smentisce. Quanto meno nel riconoscimento da parte dell’industria. Naturalmente con diversi gradi di sviluppo tra le diverse reti ed è certo che nessuno di essi è totalmente “compiuto”. Ma è anche vero che nessun progetto di business può rimanere statico se vuole sopravvivere ed avere successo nel tempo. Quindi l’evoluzione continua e continuerà.
Ciò detto non dimentichiamo che il retail opera su due fronti e che l’insegna, i suoi valori e il suo valore inteso come mix distintivo di attributi di servizio deve essere riconosciuto anche e soprattutto dai consumatori, che sono e resteranno i destinatari principali dei progetti retail.

Quante reti avete esaminato e su quali parametri?

In totale sono state valutati 18 distributori: 5 retailer (catene o retail network) valutati solo per la parte di business retail; 10 aziende integrate (wholesale e rete retail affiliata e/o in proprietà) valutate su entrambe le dimensioni; 2 grossisti puri (o comunque prevalentemente wholesale e valutati solo su questa dimensione).
Sono stati utilizzati 33 item di valutazione per la parte retail e 20 per quella wholesale suddivisi su cinque aree tematiche comuni: “logistica”; “accordi commerciali”, “trade marketing e formazione alle farmacie”; “struttura della funzione acquisti e processi di buying”; “partnership e collaborazione”. L’area del “valore dell’insegna e del progetto retail” è stata valutata ovviamente solo per i retailer e le aziende integrate.

Quali i risultati più significativi e le criticità?

In generale tutte queste aree stanno assumendo crescente importanza per le imprese di produzione. Per entrambe le dimensioni del business sta diventando critica la disponibilità e la condivisione dei dati di sell out, in un caso, su stock e rotazioni nell’altro.
Per quanto riguarda i “progetti retail” l’industria ritiene poi particolarmente rilevante la capacità di governo della rete di farmacie, quindi la fidelizzazione ma anche la qualità e la capacità di implementare e garantire le attività di in store marketing (dal category management alle iniziative promo). Per la parte wholesale, oltre allo scambio informativo, è particolarmente rilevante il rispetto degli accordi presi.

C’è una differenza importante nei risultati del gruppo delle reti di proprietà e di quello delle reti dei farmacisti?

In realtà no. Alcuni progetti retail non proprietari hanno ottenuto valutazioni complessivamente di eccellenza e superiori ad alcune catene. Nella “classifica generale” dietro a Lloyds (che può contare su un vantaggio di esperienza notevole rispetto alle altre catene e network) si sono piazzati nell’ordine “CEF-La farmacia italiana” e “Club Salute”, a riprova di una valutazione sulla qualità dei progetti e non solo sulla dimensione delle reti. In questo panorama in continua evoluzione alcuni network hanno investito parecchio nel progetto e fatto notevoli passi avanti nel corso dell’ultimo anno, mentre alcune catene proprietarie sono state ancora molto impegnate nella crescita ovvero nello sviluppo della rete.

Quale sarà, a suo parere, l’evoluzione delle reti di farmacie che a oggi, secondo i dati Iqvia, gestiscono ancora un mercato pari a quello dello scorso anno?

Dal punto di vista numerico il processo di concentrazione proseguirà naturalmente. Ci sarà una necessaria trasformazione anche dei network e dei rapporti di affiliazione. La crescita della pressione competitiva spingerà le farmacie e gli stessi network a fare una scelta di campo: indipendenti o affiliazione forte e coesa necessaria allo sviluppo di progetti retail consistenti e soprattutto credibili agli occhi dei consumatori e delle aziende partner.
Le peculiarità del nostro quadro normativo e della struttura del valore (prezzi e margini) all’interno del canale consente comunque tuttora e verosimilmente anche nel prossimo futuro la permanenza di una quota non irrilevante di farmacie indipendenti. In definitiva si prospetta un panorama caratterizzato da elevata varietà di forme aziendali ma anche di singoli attori.

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