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Gli esodati dal Ssn

L'ATTUALITÀ

Gli esodati dal Ssn

Un’emergenza nell’emergenza: in caduta libera visite, ricoveri e screening oncologici. Nasce Salutequità, un nuovo “laboratorio italiano” per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali

10 dicembre 2020

di Laura Benfenati

«Siamo di fronte a un’emergenza nell’emergenza, quella dei pazienti non Covid che proprio per la pandemia stanno vivendo una situazione molto difficile, con scarso accesso alle cure». Ha esordito così Tonino Aceti, presidente della neonata associazione Salutequità, una sorta di “laboratorio italiano” per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, che ha presentato il suo primo Report “Equità di accesso alle cure e Covid-19” e annunciato le sue proposte alle Istituzioni.

Le mancate prestazioni

Alcuni numeri? -40 per cento di ricoveri, -58 per cento di ricette per prestazioni di specialistica ambulatoriale (34 milioni in meno), con 13,3 milioni di accertamenti diagnostici e 9,6 milioni di visite specialistiche in meno. E poi -50/55 per cento di screening oncologici (in alcuni casi anche -70 per cento) oltre che una drastica contrazione della spesa per farmaci innovativi non oncologici che, in alcune Regioni, ha riguardato anche quelli oncologici. Per quelli “non oncologici” nel periodo gennaio-aprile 2020 si è speso circa un terzo rispetto al 2019, con una contrazione pari a circa 265 milioni di euro. La pandemia insomma ha ridotto significativamente sia la cura non Covid sia la prevenzione, come mostrano i dati sugli screening oncologici mammografici (-54 per cento), colorettale (-55 per cento) e cervicale (-55 per cento). Nel complesso non sono state diagnosticate circa 4.300 neoplasie e 4.000 adenomi.

«Nel 2021 si dovrà affrontare la grande sfida della progressiva uscita dalla pandemia e quella della vaccinazione di massa ma è anche importantissimo un piano di rientro dei pazienti “esodati”, quelli cioè non Covid che devono tornare nel circuito di presa in carico del Servizio sanitario», ha spiegato il presidente di Salutequità. «Stiamo assistendo a nuovi profili di iniquità, c’è un’ampia variabilità tra Regione e Regione, mezza Italia non garantisce i Lea, è una bomba che rischia di scoppiare», ha aggiunto Aceti, che ha sottolineato quanto la capacità di riprendere in carico i pazienti non Covid debba essere un adempimento Lea e avere un peso nelle valutazioni dei servizi sanitari regionali.

Gli occhiali dell’equità

Tonino Aceti ha proseguito ricordando che ci sono standard di organizzazione strutturale ben definita per l’ospedale ma lo stesso non accade per il territorio. La sanità digitale, e in particolare il Fascicolo sanitario elettronico, avrebbe potuto facilitare lo svolgimento delle cure a distanza e anche l’identificazione immediata delle complicanze/comorbilità, ma anche su questo a luglio 2020 il Servizio sanitario era piuttosto indietro, con differenze molto marcate tra le Regioni: attivato con il consenso del cittadino per l’85 per cento della popolazione in Emilia-Romagna, il 77 per cento in Friuli-Venezia Giulia e il 60 per cento in Lombardia, è del tutto assente, per esempio, in Calabria, Abruzzo e Bolzano. Tutto questo a fronte di cospicui finanziamenti alla sanità che, dopo anni di tagli, sono ampiamente cresciuti passando dai circa 114,5 miliardi del 2019 ai 120,5 del 2020, in aumento ancora nel 2021. «Anche guardando alle risorse stanziate all’interno delle misure emergenziali, ve ne sono alcune molto importanti, circa 500 milioni di euro, per garantire il recupero delle liste di attesa che si sono accumulate perché cancellate o sospese a causa della prima ondata del virus, ma a oggi non sono state utilizzate», ha spiegato Aceti. «Criticità anche nell’utilizzo delle risorse stanziate per potenziare il personale sanitario, ampiamente sottodimensionato rispetto ai bisogni della popolazione». È sempre più chiaro a tutti che un ostacolo all’equità è rappresentato dalla regionalizzazione e che sarebbe necessario ritornare a una maggiore centralizzazione delle scelte. «Il Parlamento deve fare la riforma della sanità, che è fondamentale», ha detto Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas. «Il ministero dovrebbe recuperare centralità nella definizione di innovazioni organizzative e nel loro monitoraggio e controllo».

Le proposte

La nuova associazione Salutequità propone dunque di:

– definire un “Piano nazionale di rientro nel Ssn dei pazienti non Covid”, da considerare nel 2021 come uno specifico “adempimento Lea”;

– potenziare e innovare l’assistenza territoriale con la definizione di un “Dm 71 dell’assistenza territoriale” che, analogamente a quanto fatto per gli ospedali, definisca gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese;

– rafforzare per il 2021 lo strumento dei fondi per i farmaci innovativi, riallocando in aggiunta all’ordinario stanziamento, le risorse che nel 2020 verosimilmente non saranno utilizzate, vista la riduzione delle prestazioni di specialistica e degli screening oncologici e il conseguente rebound sul 2021;

– accelerare il processo di digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale in tutte le Regioni, con particolare riferimento alla telemedicina;

– democratizzare il dibattito sul “progetto per l’innovazione e il rafforzamento del Ssn” da finanziare mediante le risorse che potrebbero arrivare dall’Europa con il Recovery Fund o il Mes, attraverso un processo di consultazione e confronto con tutto il mondo della sanità.

La salute è una priorità?

«Abbiamo uno dei migliori Ssn del mondo ma ora ha il fiato un po’ corto. Il Recovery fund è un’occasione straordinaria, è la più grande fonte di finanziamento del Dopoguerra», ha spiegato Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria del ministero della Salute, «è importante che queste risorse vengano utilizzate all’interno di una visione comune, con l’elaborazione di modelli e una regia centrale condivisa con le Regioni. Sul territorio di devono fare investimenti importanti ma si sviluppino all’interno di un modello ben definito, che poi sarà declinato a livello regionale».
Pochi giorni dopo questo webinar, sono usciti i dettagli su come verranno ripartiti i fondi del Recovery fund: servirebbero 68 miliardi – secondo il piano presentato in Parlamento dal ministro Speranza – per la riforma e la riorganizzazione del Ssn, ma ne sono stati destinati, dei 200 totali che arriveranno dall’Europa, soltanto nove. Il ministro della Salute sta battendo i pugni sul tavolo ma tocca constatare, ancora una volta, che la salute a livello politico è sempre una priorità a parole e poco a fatti.

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