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Farmacisti: è ora di fare sistema

L’ATTUALITÀ

Farmacisti: è ora di fare sistema

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Nel futuro della sanità di prossimità le farmacie giocheranno un ruolo di primo piano. Sinergie ospedale-territorio per superare le criticità delle “case di comunità” previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza

15 luglio 2021

di Carlo Buonamico

Quale sarà il ruolo del farmacista nel rinnovamento del Servizio sanitario nazionale? Si riuscirà a trovare una sintesi per una nuova posizione condivisa all’interno del panorama della sanità? Sono gli interrogativi a cui hanno cercato di rispondere i principali esponenti del mondo della farmacia in occasione dell’evento organizzato da Italian Health Policy Brief dal titolo “Il farmacista nel rinnovamento del Ssn”.
«Dobbiamo avere il coraggio di affrontare nodi vecchi, ma mai risolti, come quello dell’assistenza territoriale. Che va riprogettata», ha detto il presidente Fofi Andrea Mandelli. Ricordando che al contempo non si può prescindere dal rinnovamento anche della farmacia ospedaliera. Il tutto nell’ottica di trovare il modo di riproporre anche per il prossimo futuro post Covid la «collaborazione stretta e sinergica tra farmacisti ospedalieri e territoriali, che si è dimostrata così fondamentale nei momenti più difficili della pandemia». Insomma, un refrain che recita «fare sistema dell’esperienza dei farmacisti» con l’obiettivo di tornare a una vera prossimità per traghettarci fuori dall’emergenza. Perché gli hub vaccinali andavano bene per innescare la campagna vaccinale, ma «il futuro deve restituire palazzetti dello sport e fieristici al loro fine e riportare la sanità in farmacia, vaccinazioni comprese. Proprio come accade in altri Paesi europei, dove le farmacie e i farmacisti fanno molto di più».

Case di comunità? Soluzione bocciata

Certamente un supporto alla trasformazione già in atto della sanità italiana arriverà grazie ai fondi che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) metterà a disposizione, ma bisogna capire in cosa si concretizzeranno le azioni previste dal piano, rilevano gli esperti. Che si trovano concordi nella bocciatura delle “case di comunità”, strutture sanitarie che rappresenterebbero un unico entry point per le prestazioni sanitarie e avrebbero il compito di coordinare i servizi sanitari offerti in particolare ai malati cronici.
«Non credo nelle case di comunità», ha detto senza mezzi termini Mandelli, ritenendole una soluzione non adeguata alle esigenze di salute di prossimità dei cittadini. «Una casa di comunità ogni 50mila abitanti non significa certo prossimità», ha aggiunto il presidente di Federfarma Marco Cossolo, evidenziando inoltre come la loro creazione sia verosimilmente poco realizzabile nei tempi previsti dal Pnrr (entro il 2026).

Creare un link tra farmacie ospedaliere e del territorio

Ma allora che soluzioni alternative potrebbero interessare il mondo della farmacia italiana? «Dobbiamo puntare sulle reti», ha dichiarato Mandelli, specificando che ciò sarà possibile solo se «si riuscirà a creare una squadra più forte tra tutti i farmacisti, a prescindere dal loro luogo di lavoro, siano essi territoriali o afferenti alle Asl o ospedalieri».
Uno spirito corporativo da sviluppare per rispondere sempre più alle esigenze dei cittadini e che trova il pieno accordo anche di Cossolo, che vorrebbe tradurre l’esperienza piemontese della collaborazione ospedale-territorio nel campo dei vaccini anche per quanto riguarda la distribuzione dei medicinali. «Se si riuscisse a creare un link tra farmacia ospedaliera e territoriale anche per i farmaci, il paziente potrebbe ritirare alcuni tipi di medicinali sul territorio già dalla seconda o terza somministrazione», propone il presidente di Federfarma. Che, naturalmente, con il suo discorso non intende fare il passo più lungo della gamba e nemmeno essere irrispettoso delle responsabilità altrui: «Alcuni farmaci, come quelli a infusione lenta, devono restare appannaggio dell’ospedale. Ma altri afferenti al Pht, come quelli per l’Hiv, potrebbero essere somministrati in ospedale la prima volta e successivamente presso le farmacie del territorio, previa adeguata formazione dei farmacisti».
L’idea di una rete di farmacisti che collaborano dentro e fuori dall’ospedale, dentro e fuori dal territorio, è una cosa che piace anche al presidente della Sifo (Società italiana di farmacia ospedaliera) Arturo Cavaliere: «Concordo sulla necessità di integrare competenze e professioni», e l’occasione di ridisegnare la sanità italiana potrebbe consentire di progettare «un network multidimensionale in cui i farmacisti condividono anche i processi». Il farmacista ospedaliero potrà essere un «elemento trasversale da inserire nei team multidisciplinari delle centrali operative della salute, per gestire molte cose: dai flussi di dati della farmaceutica convenzionata alle Sdo (schede di dimissione ospedaliera), al Fascicolo sanitario elettronico. Occupandosi al contempo della verifica dell’aderenza alla terapia, della presa in carico e di molto altro».

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