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Farmainfluencer sì o no?

L'OPINIONE

Farmainfluencer sì o no?

(c) Racool_studio

Ai farmacisti, come a tutti, non si può chiedere di rinunciare ai social, così come di stare un passo indietro nell’espressione delle proprie opinioni o nella ricerca di una popolarità utile per la propria attività. Certo, sempre nei limiti del lecito e dell’opportuno per la professione

27 aprile 2023

di Bianca Peretti, farmacista

Recentemente mi è stato chiesto cosa penso dei farmacisti influencer e qual è la mia opinione riguardo a varie posizioni ufficiali che affrontano questa nuova realtà. Come sempre, è meglio prima mettere ordine e poi provare ad affrontare la questione in modo organico e strutturato. 

Punto primo.

Che piaccia o no, oggi i social sono una realtà che non è proprio possibile ignorare; per definizione sono aperti a tutti e tutti possono parteciparvi, attivamente o passivamente. Ne consegue che è impensabile pretendere che i farmacisti ne siano esclusi, soprattutto in nome di una “dignità” che acquista tante facce quante sono le opinioni individuali: ciò che scandalizza uno, per un altro può essere normalità; ciò che a uno può apparire fuori luogo, un altro lo vede come interessante e lodevole.
Pensare davvero di poter imporre un unico paradigma di comportamento non solo è utopistico ma, a mio avviso, addirittura sbagliato, in quanto prevarica il sacrosanto diritto di ciascuno di pensare ed esprimersi come vuole e come ritiene più giusto.

Punto secondo.

A fronte di quanto detto, dobbiamo affrontare due questioni più delicate: la possibilità di commettere dei veri e propri reati (per esempio, fare pubblicità più o meno occulta di farmaci che richiedono ricetta medica) e quella di dare informazioni sbagliate.
Nel primo caso non ci dovrebbero essere dubbi: vanno bloccati immediatamente. Io stessa ho segnalato e fatto bloccare una serie di video, a dire il vero fatti soprattutto da medici, che facevano pubblicità, neppure troppo occulta, sulle proprietà dimagranti di Ozempic o su antinfiammatori ad alto dosaggio, e devo riconoscere che sono stati eliminati immediatamente.
Per quanto riguarda invece le informazioni scorrette, dovrebbe essere l’industria produttrice a muoversi e non a nascondersi dietro i nostri organi regolatori.

Punto terzo.

Vorrei riflettere con tutti voi su questa concezione, direi trasversale e ubiquitaria, in cui si vorrebbe continuare a rinchiudere il farmacista nella sua propria farmacia, ben attento a non sconfinare neppure minimamente dalla propria pianta organica, vuoi mai che riuscisse a sottrarre qualche cliente al collega meno intraprendente e attivo.
Continuiamo a lavorare in questa bolla, diventata ormai mitologica, secondo cui ci dobbiamo occupare esclusivamente del nostro cliente storico, di colui che per vicinanza è più comodo a raggiungerci, evitando qualunque mira “espansionistica” per non disturbare nessuno, per non creare problemi ai più grandi e ai più forti, per non alterare minimamente lo status quo.
Mi dispiace, ma questa è una visione non solo antica, ma anche miope e sostanzialmente in malafede.
Oggi (come anche ieri, del resto) ognuno deve fare la sua guerra e combattere le sue battaglie, anche solo per sopravvivere: non ho dati per sapere se diventare influencer paghi o meno, e quanto, so soltanto che è giusto e sacrosanto che ciascuno esplori le strade che ritiene più adatte e si assuma in prima persona la responsabilità delle proprie azioni e delle proprie scelte. Poi, come si suol dire, se son rose fioriranno e se son spine pungeranno.

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