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Freelance dietro al banco: è possibile?

UNA DOMANDA A...

Freelance dietro al banco: è possibile?

Un farmacista in libera professione alle prese con (legittimi) dubbi sulla conformità del proprio inquadramento in farmacia ci chiede un parere, per sé e per i molti colleghi di tutta Italia. Abbiamo girato il quesito a Marcello Tarabusi (Studio Guandalini) e Quintino Lombardo (HWP Franco Lombardo Cosmo Studio legale)

21 luglio 2022

a cura della Redazione

Ciao Laura,

vorrei sapere se mi puoi aiutare su una questione che non so bene come affrontare. Come sai io sono un freelance, ovvero collaboro con varie farmacie, anche al bancone come farmacista “classico”. Io in 11 anni di lavoro non ho mai avuto problemi, tuttavia dei colleghi di varie parti d’Italia mi segnalano difficoltà nel venire legittimati da parte dei titolari in quanto non riconosciuti in linea con la professione, nel senso che quello del farmacista è un lavoro che si configurerebbe come un impiego a ore, ovvero incompatibile con una libera professione, che agisce “a progetto” (per così dire).

Dal momento in cui, come spesso capita in Italia, la legge è una e le interpretazioni molte, vorrei sapere se mi sai segnalare un pronunciamento sul tema da parte di una o più figure di riferimento della categoria per quanto riguarda diritto del lavoro, fiscalità, inquadramento lavorativo. Vorrei infatti costruire un minimo di consapevolezza per i colleghi su questo punto. Ho fondato e gestisco il gruppo Facebook “Farmacista Freelance”, nel quale siamo in più di 1.400 da tutta Italia. I colleghi chiedono rassicurazioni.

Ti ringrazio come sempre, a presto!  

Sergio Cattani, formatore, farmacista, consulente – Lavis (Trento)

www.saluteducazione.it

 

Perplessità e preoccupazioni legittime, quelle di Sergio Cattani e dei suoi colleghi, alle quali abbiamo cercato di venire incontro inoltrando la richiesta di un parere a due delle figure più autorevoli con le quali collabora la nostra testata: Marcello Tarabusi, partner dello Studio Guandalini, e Quintino Lombardo, di HWP Franco Lombardo Cosmo Studio legale.

La parola chiave è: autonomia

«Il problema non è se un farmacista possa aprire partita Iva, che è pacificamente possibile – risponde Tarabusi – e se svolge attività ricomprese nella professione è addirittura coperto dalla contribuzione Enpaf in base a una circolare Inps del 1996. La questione è se un farmacista “a partita Iva” possa stare continuativamente dietro al banco in farmacia. A nostro parere è sconsigliabile: quella del “collaboratore a banco”, che è inquadrabile nella figura di diritto commerciale del “commesso” (art. 2205 del Codice civile), è in effetti una prestazione che risulta poco compatibile con il lavoro autonomo, perché è gerarchicamente inserita nell’organizzazione del lavoro, sotto la direzione del direttore. In caso di verifica Inps la contestazione della natura dipendente del lavoro prestato è quasi certa (e spesso anche nei fatti vi sono i tratti dell’assenza di autonomia e della subordinazione). Ben diverso – continua il consulente – è se il farmacista gode davvero di autonomia e non è inserito a copertura di posti fissi in organico, come per esempio chi svolge solo il turno notturno o le sostituzioni festive; oppure chi segue alcune attività specifiche, come per esempio le vaccinazioni. Comunque interessante questione, da approfondire».

Non esiste una risposta valida per tutti

Per Quintino Lombardo l’analisi di Tarabusi è già chiarissima, ma aggiunge: «In generale la prestazione professionale del farmacista può essere svolta sia in maniera autonoma che subordinata e tutto dipende, in concreto, da come è inserito il professionista nell’organigramma della farmacia (è subordinato o no a un potere gerarchico? Chiede il permesso per assentarsi?) e da come è organizzata la prestazione se, per l’appunto, consiste nella mera erogazione di “ore” di supporto (della medesima farmacia o di più farmacie? Con che orario?) oppure riferita a un progetto o un particolare settore. Ma anche in quest’ultimo caso è tutto da vedere, perché i settori della farmacia difficilmente risultano del tutto autonomi e c’è sempre la coordinazione del direttore che ne è responsabile. Quindi non è possibile dare risposte valide per tutti e in tutte le situazioni, ma occorre verificare in concreto come si atteggia il rapporto rispetto a quella particolare farmacia, sempre tenendo conto, come bene osserva Marcello, che nel caso dubbio c’è il rischio che l’Inps ritenga la subordinazione del farmacista – non basta invocare l’iscrizione all’albo professionale – lasciando poi al titolare datore di lavoro l’onere della contestazione».

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