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La legge 124/17 e le farmacie del Mezzogiorno

LA LETTERA

La legge 124/17 e le farmacie del Mezzogiorno

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È un azzardo parlare di “questione meridionale” per la Legge sulla Concorrenza? Forse, ma è un dovere morale preoccuparsi per gli aspetti economici e sociali che ancora contribuiscono a inficiare lo sviluppo e la crescita del Sud Italia

25 marzo 2021

di Tonino Marchetti,
farmacista a Cannole (Le)

Sappiamo bene come l’Italia continui a restare divisa in due per Pil pro-capite, condizioni di vita, livello sociale, diritti e libertà civili, indici che rivelano quanto il Sud resti arretrato rispetto al resto della nazione e dell’Europa. Il Mezzogiorno non può più contare sulle politiche del cosiddetto “intervento straordinario”, non più attivo e, tantomeno, ritenuto idoneo per modificare il trend storico di questo dualismo. Esso deve poter invece contare su una vera e propria rivoluzione nell’allocamento delle risorse e, soprattutto, sulle nuove opportunità offerte dagli investimenti privati, innovativi in termini di merito e di metodo, in sintonia con una classe dirigente nuova e formata per affrontare il difficile compito.
Crisi e arretratezza non risparmiano il Sistema Farmacia, con la sua rete capillare di farmacie distribuite sull’intero territorio nazionale, ma non tutte sono colpite allo stesso modo: quelle più piccole e situate nelle Regioni meridionali pagano il prezzo più alto, con gravi perdite di fatturato e redditività. Un gap territoriale che conferma la divisione nord-sud, con ricadute negative in termini di occupazione e di qualità dei servizi offerti alla popolazione, ma anche sulla coesione delle comunità più piccole, dove la farmacia svolge un ruolo importante come cerniera sociale, calmieratore di disagio, di cultura, sicurezza…

L’ennesimo gap

In questo contesto le società di capitali, lasciate libere di scegliere dove e come investire, hanno scientemente scelto di farlo nel nordest, in sedi “appetibili” per fatturato e posizionamento commerciale. Ed ecco ripresentarsi puntualmente per le farmacie del Mezzogiorno “la questione delle questioni”, la discriminazione sia di un Meridione geografico e territoriale, sia dei tanti “sud” del mercato globale (in specie europeo). Mercato che discrimina il campanile con politiche miopi e settoriali, che allontanano “sogni irrealizzabili e fumose utopie incongrue e romantiche”, riportandoci alla triste realtà di un territorio lasciato in mano al monopolio elitario di pochi taumaturghi che – spesso in complicità con una classe politica meridionale – ne ritardano indefinitamente lo sviluppo, dirottando le risorse verso la rendita più che verso gli usi produttivi. Sostegni e finanziamenti attesi con il varo della legge 124 del 2017, ma mai fatti confluire nelle sofferenti casse delle farmacie del Mezzogiorno, lasciate sole nel loro inesorabile percorso di indebitamento, spesso alla mercé di consulenti poco attenti alla dinamica economica del settore; in balia di banche, mediatori finanziari e procedure concorsuali, di chiusure, con ricadute pesantissime sulla popolazione del bacino servito (particolarmente durante la pandemia), sulla filiera del farmaco e sul livello occupazionale.

Colmare le distanze

Le circa 4.000 aziende-farmacia in difficoltà necessitano (e da subito) di nuovo capitale. Ma non certo quello inserito con la riforma della legge 124/17, urgentemente  da “novellare” negli articoli riguardanti l’ingresso dei capitali nella proprietà delle farmacie, per ridurne la percentuale riservata regionale (10 per cento), rafforzando il ruolo professionale riservato alla figura del direttore di farmacia e incentivando percorsi verticali che non lascino “nessuno indietro”. Soprattutto le zone più svantaggiate con le sedi disagiate, evitando in tal modo un declassamento di interi territori in termini di qualità del servizio e di salvaguardia della tanto preziosa capillarità…
Occorre inoltre rafforzare il ruolo della farmacia nel contesto della filiera del farmaco (Dlgs 219/2006), evitando posizioni dominanti in termini di regole sulle forniture e condizioni commerciali, che spesso vedono soccombere le piccole sedi con scarso potere contrattuale, discriminate nelle forniture e nei margini loro riconosciuti.
Bisogna lavorare, anche per la farmacia, per colmare questa distanza storica tra il settentrione e il meridione di una nazione,  l’Italia, nata nel lontano 1861 ma a tutt’oggi non risolta nel divario tra le sue macroaree. Ed ecco perché parliamo di “questione meridionale” proprio nel momento in cui deve essere l’unico centro politico a mettere mano a una giurisdizione comune e lungimirante per un futuro largo e inclusivo, una politica che abbia per oggetto un Paese che vada davvero dalle Alpi a Capo Passero.

La questione morale

Federfarma deve prepararsi a un grande lavoro collettivo e di squadra, con la diffusa consapevolezza di un necessario rinnovamento della classe dirigente, un forte ringiovanimento dei quadri e una trasparente azione amministrativa, isolando e sospendendo coloro che non riescono ad affrontare la “questione morale” di cui abbiamo già avuto modo di parlare. Un codice etico nuovo, per uomini “liberi e forti” (così il manifesto della commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano del 18 gennaio 1919), che con senso di responsabilità sappiano infondere nuova fiducia, traducendo le difficoltà della farmacia in una nuova prospettiva, di crescita civile e condizione culturale, in grado di unire il territorio sotto la bandiera dell’Istituto della Farmacia Italiana.

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