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Occhio al prezzo

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Quelli al pubblico sono più bassi per farmaci da importazione rispetto alle specialità corrispondenti: una determina Aifa rischia di affossare questo mercato. E anche i farmacisti devono fare attenzione

16 dicembre 2021

di Laura Benfenati

In Italia, il mercato dei farmaci di importazione parallela ha un valore di circa 121 milioni di euro, con una quota pari a circa l’1,2 per cento del totale del mercato farmaceutico nel 2019. Dopo anni di crescita, a partire dal 2017 il suo sviluppo ha conosciuto prima un rallentamento e poi un vero e proprio arresto nel 2018-2019. L’Associazione dei titolari di autorizzazioni all’importazione parallela di medicinali dall’Europa (Aip) ne indentifica le cause nella criticità dell’attuale disciplina in materia di prezzo e rimborso dei farmaci oggetto di importazione. Ne parliamo con Barbara Scognamiglio, presidente di Aip.

I farmaci da importazione parallela non dovrebbero avere gli stessi prezzi delle specialità medicinali registrate?
L’importazione parallela di farmaci da altri Stati membri dell’Ue e del See è soggetta a una procedura di autorizzazione semplificata, che ancora oggi è disciplinata dal Decreto del ministro della Sanità del 29 agosto 1997, nonostante la Commissione Europea ne abbia messo in evidenza l’incompletezza, soprattutto per non aver disciplinato con la necessaria trasparenza i criteri per la determinazione del prezzo e l’ammissione alla rimborsabilità di questi farmaci. In assenza di norme certe, ai farmaci oggetto di importazione parallela non si applicava la procedura di negoziazione del prezzo prevista dalla legge per i “nuovi farmaci” e l’Aifa attribuiva automaticamente al farmaco oggetto di importazione parallela la medesima classe di rimborso e il medesimo prezzo della corrispondente specialità medicinale registrata in Italia dal titolare di Aic.

Poi però nel 2017 Aifa ha dato un’interpretazione diversa…
Il Decreto Balduzzi del 2012 prevedeva che l’Aifa procedesse alla collocazione automatica, senza negoziazione, nella stessa classe di rimborso alla quale appartiene il medicinale di riferimento qualora l’azienda titolare di Aic proponesse un prezzo di vendita “di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale”. Lo spirito di quel decreto è stato un po’ deformato e Aifa lo ha interpretato in un periodo in un modo e in un altro periodo in un altro, stoppando le licenze di importazione parallela per quattro anni e chiedendo alle aziende di negoziare. A partire dal 2017 l’Aifa ha infatti chiesto l’allineamento del prezzo del farmaco branded oggetto di importazione a quello del generico più economico, disponendone in caso contrario la collocazione in classe C.

I farmaci di importazione sono quindi assimilati ai generici, per quel che riguarda il prezzo?
Il legislatore ha equiparato, per quanto riguarda la collocazione nella classe di rimborso, un farmaco generico equivalente e un farmaco oggetto di importazione parallela, malgrado quest’ultimo non sia un equivalente alla specialità medicinale di riferimento, bensì la specialità medicinale stessa (branded) distribuita da un operatore diverso dal titolare di Aic in Italia. Vengono inoltre discriminati i prodotti importati e questo è incompatibile con gli orientamenti della Corte di giustizia europea. La conseguenza di tutto questo è stato il blocco delle procedure di importazione parallela, attività insostenibile, a queste condizioni, per gli operatori del settore.

Poi c’è stata la determina Aifa del 2021…
L’Aifa è infatti intervenuta su spinta del ministero della Salute con una determina, la 357 del maggio 2021, che ha introdotto una procedura semplificata di collocazione in classe A dei farmaci oggetto di importazione parallela. La procedura prevede l’approvazione della proposta di prezzo, a condizione che l’importatore accetti una riduzione di almeno il 7 per cento rispetto al prezzo al pubblico della corrispondente specialità medicinale commercializzata in Italia. In caso contrario, si procede secondo la contrattazione ordinaria.

Quali sono state le conseguenze di quella determina?
Il prodotto di importazione viene oggi utilizzato come una leva per favorire il ribasso dei prezzi degli originator. In banca dati si trova l’originator a un prezzo, farmaci di importazione parallela che hanno avuto un’autorizzazione prima delle determina 2021 e che quindi hanno lo stesso prezzo dell’originator, poi c’è il generico e ci sono i farmaci da importazione parallela per i quali è stata fatta domanda ora e che hanno avuto prezzo al pubblico ribassato del 7 per cento. Le conseguenze sono state una riduzione, fino ad azzerarlo, del margine per gli importatori e nessun beneficio per i cittadini in termini di compartecipazione alla spesa, perché la penetrazione di questo tipo di farmaci sarà di certo limitata. Infine, questa situazione espone gli importatori paralleli a contenziosi con i titolari di Aic che avranno i loro prodotti a prezzi superiori a quelli degli analoghi importati. Un’azienda (Lundbeck) ha già chiamato in causa un importatore e Aifa, ed è stata impugnata la determina 2021.

Quali soluzioni propone Aip per risolvere questa situazione?
Abbiamo proposto una serie di modifiche legislative e in sintesi chiediamo che per i medicinali oggetto di importazione parallela, al momento del rilascio dell’autorizzazione, siano attribuiti automaticamente i medesimi regimi di fornitura, classificazione e prezzo al pubblico accordati alla corrispondente specialità medicinale di classe A già registrata in Italia dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Riteniamo inoltre che se un vantaggio economico ci deve essere, dovrebbe andare allo Stato, per esempio attraverso un payback aggiuntivo rispetto a quello che già gli importatori corrispondono al Ssn come le altre aziende. Il 7 per cento è un valore elevatissimo in Italia, Paese dove si esporta perché i prezzi di classe A sono bassi. Le licenze che potevamo ottenere per l’importazione si sono più che dimezzate perché non abbiamo margini.

I farmacisti come sono coinvolti in questa questione?
La nuova procedura Aifa comporta sicuramente un aggravio ulteriore a carico dei farmacisti.
Diversamente dal passato (quando i farmaci di importazione parallela avevano lo stesso prezzo al pubblico del corrispondente originator), in fase di approvvigionamento dell’ingrosso dei farmaci di importazione parallela il farmacista dovrà ora verificare se il farmaco di importazione abbia un prezzo al pubblico uguale o inferiore a quello del corrispondente originator. E questo poiché, come detto, coesisteranno farmaci di importazione parallela con prezzi diversi (allineati a quelli dell’originator per le vecchie determine; più bassi per le determine successive alla nuova procedura Aifa del marzo 2021). Occorrerà quindi che i farmacisti verifichino con attenzione la congruenza dei prezzi di acquisto all’ingrosso con quelli di dispensazione al pubblico.

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