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Una rete che richiede visione e dialogo

L'ATTUALITÀ

Una rete che richiede visione e dialogo

Questa è oggi l’industria farmaceutica, ma perché la salute sia motore di crescita e sicurezza l’Italia non può permettersi spread di burocrazia e riforme che attendono. L’assemblea di Farmindustria a Roma

14 luglio 2022

di Laura Benfenati

L’industria farmaceutica è un elemento di sicurezza nazionale: lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti all’assemblea di Farmindustria della scorsa settimana a Roma. E ha un ruolo essenziale nella competitività industriale del Paese: «Istituzioni pubbliche e imprese private devono lavorare insieme anche a livello europeo, dobbiamo riprogettare sia il finanziamento della ricerca sia le norme che ci consentano di competere e di attrarre investimenti, con una strategia a lungo termine».

Una competizione globale

Servono però risposte rapide perché molto è cambiato negli ultimi due anni, in cui geopolitica e geoeconomia sono diventate imprescindibili: «La farmaceutica ha logiche globali che la spingono a cercare eccellenze ovunque nel mondo. Abbiamo prodotto i vaccini in tempi brevissimi, siamo una vera e propria rete che richiede visione e dialogo», ha detto il neopresidente di Farmindustria Marcello Cattani. «Oggi però dobbiamo affrontare il rischio della carenze di materie prime, l’esplosione dei costi energetici che non possiamo traslare sui prezzi amministrati. Abbiamo l’orgoglio di un settore di eccellenza, siamo in prima linea sia nella ricerca sia nella produzione, siamo il quarto paese Ue per esportazione di vaccini contro il virus, siamo hub per la produzione di anticorpi monoclonali e antivirali. Siamo il primo settore per quota di imprese innovative, in ricerca e produzione, logistica e organizzazione: per l’Italia le imprese del farmaco sono un patrimonio e ne è cresciuta la consapevolezza nelle istituzioni e tra gli stakeholder. Oggi però l’autosufficienza scientifica e tecnologica europea è fondamentale».

L’Europa infatti non può permettersi di perdere terreno a favore di Stati Uniti e Cina o di realtà emergenti come gli Emirati Arabi che vogliono diventare un hub mondiale in Medio Oriente. Oggi solo il 22 per cento dei nuovi trattamenti globali proviene dall’Europa, mentre quasi la metà dagli Stati Uniti. E il 74 per cento dei principi attivi di uso consolidato in Europa dipende, direttamente o indirettamente, da produzioni primarie in Cina e India. L’Europa e l’Italia devono essere preparate a sfide globali, l’industria deve diventare più forte per evitare che crisi lontane compromettano l’approvvigionamento di farmaci: «La salute è motore di crescita e di sicurezza ma chiediamo un ecosistema attrattivo ed efficiente, politiche che ci aiutino nella competizione globale, non possiamo permetterci spread di burocrazia, riforme che attendono, dobbiamo correre al passo dei nostri competitor, servono maggiore velocità e semplificazioni. Chiediamo una governance per la competitività».

Finestre di opportunità

«La storia entra nella vita delle persone e noi, dopo aver finanziato il Fondo sanitario nazionale con 10 miliardi in 10 anni, oggi abbiamo stanziato 10 miliardi in tre anni portandolo a 124 miliardi», ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. «Solo un grande Paese ha potuto somministrare 140 milioni di vaccini, grazie anche a una rete di distribuzione capillare. Purtroppo però la lotta al Covid non è finita, bisogna insistere sulla campagna di vaccinazione. Questi due anni complicati ci consegnano finestre di opportunità di ripartenza: dobbiamo vincere due sfide fondamentali, quella delle risorse e quella delle riforme. Le risorse non sono state adeguate, il Ssn è un punto di forza del Paese ma è oggettivamente stato sottofinanziato. Oggi c’è la consapevolezza che è stupido considerare le risorse sulla salute semplice spesa pubblica, sono investimenti sulla vite delle persone. Servono poi le riforme, la più importante è la programmazione della spesa sanitaria nel suo complesso, oggi quella con silos e tetti di spesa è figlia di un tempo che non c’è più».

Il dialogo sembra esserci, dunque, tra istituzioni e industria, gli obiettivi sono comuni, più risorse di un tempo sono state indubbiamente stanziate. Sulle riforme, però, assemblea dopo assemblea e ormai quasi alla fine della Legislatura, non è facile essere ottimisti.

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