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Riaprire la sanità pubblica mettendo al centro il paziente

IL CONVEGNO

Riaprire la sanità pubblica mettendo al centro il paziente

convegno-Egualia

Un incontro organizzato a Roma da Egualia ha portato l’attenzione su alcuni temi prioritari per la tenuta e il rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, a partire da quanto è avvenuto in questo complesso periodo sul piano dell’accesso alle cure da parte dei cittadini

30 settembre 2021

di Claudio Buono

Un momento allargato di confronto, un’occasione di condivisione con gli stakeholder, il mondo istituzionale e gli operatori del mondo sanitario su alcuni dei temi prioritari per la tenuta e il rafforzamento della nostra sanità pubblica. Di questo, oltre che di ipotesi operative per rimettere in moto il sistema, si è discusso in occasione del convegno “Diagnosi e terapie: come riaprire le porte dell’accesso al Ssn?”, organizzato di recente a Roma da Egualia, organo di rappresentanza ufficiale dell’industria dei farmaci generici equivalenti, dei biosimilari e delle Value added medicines in Italia.
Per l’occasione sono stai presentati in anteprima due studi che fotografano il presente: un’analisi di Cittadinanzattiva su quanto è accaduto ai pazienti afferenti a quattro grandi aree di patologie croniche (respiratorie, cardiovascolari, metaboliche e oncologiche) e un’indagine di SWG sul rapporto degli italiani con il Ssn e sull’uso dei farmaci equivalenti.

Azzerare le disuguaglianze

L’analisi di Cittadinanzattiva – illustrata dal segretario generale, Annalisa Mandorino – muove dai dati consolidati della rinuncia forzata alle prestazioni sanitarie raccolti da più fonti nell’anno e mezzo di emergenza sanitaria: un calo del 20,3 per cento delle prestazioni ambulatoriali e specialistiche (fonte Istat); 2 milioni in meno di prestazioni indifferibili (-7 per cento, fonte Istat); 1,3 milioni di ricoveri in meno (-17 per cento, fonte Corte dei Conti), con un 13 per cento in meno di ricoveri in chirurgia oncologica e un 20 per cento in meno di ricoveri in ambito cardiovascolare e cardiochirurgico. La contrazione d’accesso a diagnosi e cure per le quattro principali aree terapeutiche sopra citate vede una riduzione del 13 per cento delle nuove diagnosi, del 31 per cento delle visite specialistiche, del 23 per cento delle richieste di esami specialistici e del 10 per cento di accesso a nuovi trattamenti (fonte Iqvia).
«Ora è necessario cambiare passo», ha commentato Mandorino. «Dobbiamo scongiurare il rischio, a fine 2021, di vedere allungarsi le liste di attesa per le prestazioni non-Covid con un ulteriore restringimento del diritto alle cure per i cittadini. Le risorse a disposizione delle Regioni per recuperare i ritardi devono essere utilizzate al più presto e non dirottate per altri scopi».

Non solo analisi ma anche proposte

Cittadinanzattiva, dopo essersi confrontata con Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), Foce (Confederazione oncologi, cardiologi e ematologi) e Sid (Società italiana diabetologia), ha elaborato nove proposte civiche, a partire dalle liste d’attesa (con l’invito a inserire nel nuovo sistema nazionale di garanzia dei Lea uno o più indicatori di adempimento per misurare la capacità di recupero di ogni Regione, con particolare riferimento alle prestazioni correlate alle malattie croniche) e il Pnrr (nei cui confronti è auspicabile avviare un processo partecipativo e su più fasi per la gestione delle risorse allocate, oltre che riconoscere a pieno titolo il contributo dell’osservatorio civico sul Pnrr stesso). Altri punti in elenco, la prevenzione (ripensare gli screening, potenziandone la capacità di erogazione dei programmi), la rete ospedaliera (rivedere la logica del DM 70/15), la prossimità (rilanciare il ruolo del Distretto), l’assistenza domiciliare (perseguire una logica di integrazione tra servizi sanitari e servizi sociali), la medicina generale (renderne omogenei i modelli organizzativi e assistenziali), la telemedicina (promuovere una governance nazionale delle iniziative in tale ambito), il parco tecnologico (superare la logica della mera sostituzione, fissando nuovi criteri di programmazione).

Fiducia nei farmaci, ma poca informazione sul generico

Dalla seconda indagine, condotta nel mese di giugno da SWG su un campione di 4.534 soggetti maggiorenni residenti in Italia, è emerso che la pandemia in corso ha cambiato il rapporto tra gli italiani e la salute. Come ha spiegato Riccardo Grassi, direttore di ricerca SWG, «sono cresciute l’attenzione con cui si guarda alla propria salute e la fiducia verso un approccio scientifico della medicina e della cura, mentre si indeboliscono le visioni olistiche della salute come equilibrio tra corpo e mente».
Rimane inalterata la fiducia nei medicinali mentre si rileva una conoscenza superficiale e troppe zone grigie sui generici. Secondo l’indagine, il 75 per cento degli intervistati dichiara di avere ben presente cosa si intende quando si parla di farmaci generici o equivalenti, il 90 per cento riconosce che il farmaco generico/equivalente costa meno ma solo il 34 per cento è certo che sia identico al farmaco di riferimento. I dati evidenziano complessivamente un’incertezza di fondo che porta il 29 per cento del campione ad acquistare spesso farmaci generici, un 40 per cento ad acquistarli occasionalmente e un 31 per cento a non acquistarli o ad acquistarli solo di rado. Sia nell’acquisto di farmaci da banco sia per quelli prescritti dal medico, solo una percentuale compresa tra un quinto e un quarto degli intervistati afferma di chiedere sempre di poter avere il farmaco generico. Tuttavia oltre il 40 per cento preferirebbe acquistare un farmaco generico, laddove presente. Nel processo di scelta il ruolo dei medici e dei farmacisti, alle cui indicazioni si affidano due intervistati su tre, appare centrale: entrambi possono dunque svolgere un ruolo fondamentale nella promozione dell’utilizzo dei farmaci generici.

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