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Rinnovare la medicina del territorio

LA FILIERA

Rinnovare la medicina del territorio

Recovery Plan

Il recovery plan rappresenta la grande opportunità di cambiamento da non perdere per affrontare e risolvere in modo strutturato le antiche criticità

22 luglio 2021

di Claudio Buono

“Medicina del territorio e recovery plan: un’opportunità di cambiamento”: questo il titolo del webinar organizzato di recente da Motore Sanità per fare il punto in previsione dello stanziamento di circa 10 miliardi per la ricostituzione e l’implementazione della medicina territoriale nel nostro Paese. Si tratta di fondi destinati dall’Europa all’Italia nel progetto Next Generation Ue e convogliati all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Gli obiettivi da raggiungere

Home care, case di comunità (destinate a diventare il punto di riferimento accoglienza e orientamento ai servizi assistenziali primari di natura sanitaria), ospedali di comunità (con una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero) e centrali di coordinamento sono gli assi su cui poggia la nuova medicina territoriale, che si pone come obiettivi una presa in carico completa e possibile e una trasversalità vera e non solo dichiarata tra ospedale e territorio. Parte degli obiettivi da raggiungere in tre anni sono frutto del lavoro già in essere in alcune Regioni (come le case della salute o le strutture intermedie) mentre altre, quali l’assistenza domiciliare che vada oltre l’Adi, sono da ancora da costruire, così come l’uso progressivo della tecnologia, come la telemedicina. Alla base del progetto sta anche un nuovo rapporto tra medicina di famiglia e pediatri di libera scelta, oltre a un rilancio del Distretto sociosanitario già compreso nella legge 833. Aspetto critico su cui sarà necessario lavorare rapidamente è la connessione tra tutti gli attori di sistema per la condivisione dei dati clinici, un punto ormai non più rimandabile per la riuscita del nuovo progetto organizzativo.

Andare oltre le criticità note

«L’emergenza Covid ha messo in luce le criticità del nostro servizio sanitario, a livello nazionale e regionale, che da anni erano sotto gli occhi di tutti e che adesso ci auguriamo siano affrontate in maniera strutturale», ha dichiarato Anna Lisa Mandorino, segretario generale Cittadinanzattiva. «Nell’ambito dell’assistenza territoriale, per esempio, è urgente affrontare la carenza di medici e infermieri, così come porre rimedio alle differenti capacità delle Regioni nel garantire l’assistenza domiciliare integrata e posti nelle Rsa. Al Nord, un over 65 ha il triplo delle possibilità di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del Sud, e ha a disposizione circa il quintuplo di assistenza domiciliare, in termini sia di ore che di servizi. Il Pnrr può costituire una prima risposta, a patto che il tema dell’assistenza territoriale sia affrontato non in termini di “spazi” e “strutture”, quanto di “reti” e “competenze”. L’ottica vincente sarebbe quella di pianificare e semplificare il percorso seguito dal cittadino, a partire dalla prevenzione e dai suoi bisogni di salute».
Per Giovanni Petrosillo, presidente Sunifar, la pandemia ha evidenziato su tutto il territorio nazionale alcune criticità già note da tempo, a partire dalla mancanza di soluzioni efficaci nella gestione del paziente cronico, che rappresenta la maggior parte della spesa del Ssn. «Solo attraverso la consultazione da parte di tutti gli operatori sanitari di strumenti quali, in primis, il Fascicolo sanitario elettronico e il Dossier farmaceutico, può rendersi concreta la consapevolezza del percorso del paziente», ha affermato Petrosillo. «Ben vediamo quindi la riforma, purché sia l’occasione per una visione globale dell’assistenza sanitaria, che veda misure tese a superare il concetto di sistema a comparti stagni, al fine di un coordinamento di reti interprofessionali (farmacisti, medici, specialisti, infermieri) che si interfaccino nei diversi livelli di assistenza ospedale-territorio».

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