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Il SSN deve restare uno: l’alleanza dei professionisti della salute

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Il SSN deve restare uno: l'alleanza dei professionisti della salute

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Dieci sigle dei professionisti della salute siglano un Manifesto a tutela del SSN. Il governo deve mettere al centro dell'agenda politica la tutela dell'unitarietà del SSN, tenendo presenti gli articolo 2, 3 e 32 della Carta Costituzionale.

26 febbraio 2019

di Carlo Buonamico

“Il Governo (è invitato) a porre al centro dell’agenda politica il tema della tutela e unitarietà del Servizio Sanitario Nazionale e a sollecitare le regioni al rispetto dell’art. 2 della Costituzione che ricorda alle istituzioni i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale su cui deve fondarsi la vita del Paese, dell’art. 3 (eguaglianza dei cittadini) e dell’art. 32 della Costituzione (tutela della salute)”.

Questo è l’invito contenuto nel Manifesto dell’alleanza tra professionisti della salute per un nuovo SSN che dieci sigle di associazioni professionali della salute – Fnopi, Fnomceo, FnoTsrm-Pstrp, Cnop, Fofi, Onb, Fnovi, Fnopo, Fncf e Cnoas – hanno sottoscritto e inviato a Palazzo Chigi.
In un momento storico in cui si pensa e si ripensa a come far funzionare meglio lo Stato e le funzioni su cui le regioni hanno una certa autonomia d’azione, come ad esempio la Sanità, chi nella Sanità ci lavora dice no al regionalismo differenziato.

No a Regioni (e a cittadini) di serie A e di serie B per quanto riguarda l’accesso a cure e farmaci. Non devono essere minate le caratteristiche peculiari di universalità del Sistema Sanitario. Così come non devono essere messi in discussione i princìpi che portarono alla sua istituzione 40 anni fa. Anche se il contesto socio-economico è cambiato – per composizione anagrafica della popolazione, aspettativa di vita, cronicità delle patologie ecc. – la salute deve rimanere un bene inalienabile. Così come il SSN che anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato essere un esempio di eccellenza che pone l’Italia “all’avanguardia nel panorama internazionale”.
SSN che anche il ministro della Salute Giulia Grillo ha più volte elogiato, pur appartenendo al governo del cambiamento. E che ha affermato con forza di voler “sanare le intollerabili disparità tra le diverse aree” (geografiche) che purtroppo esistono.

Ma cosa si chiede esattamente? Si legge nel documento:

  • L’attivazione di un tavolo di confronto permanente tra le professioni sanitarie e sociali, il governo e le regioni, in seno alla Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, esteso alla partecipazione delle organizzazioni dei cittadini;
  • La sottoscrizione con tutte le professioni sanitarie e sociali e l’attivazione in tutte le Regioni e secondo schemi omogenei condivisi dei recenti protocolli voluti dalle Regioni e le Province Autonome che rappresentano un segnale positivo da parte dei responsabili regionali della volontà di mantenere universale e unico il Servizio Sanitario e di instaurare un rapporto diretto con i professionisti che di questo fanno parte secondo le loro peculiarità professionali;
  • Che i cittadini si facciano parte attiva ponendo in essere iniziative per garantire il perseguimento degli obiettivi indicati nel documento.

Commenta Andrea Mandelli, presidente di Fofi, Federazione che compare tra i firmatari del Manifesto: “Nei suoi quarant’anni di vita, il SSN ha svolto il compito (di garante dell’universalità del diritto alla salute) dimostrandosi un’eccellenza a livello internazionale; è innegabile però – e lo sosteniamo da tempo – che oggi è necessario un cambio di governance di tutto il sistema salute. Siamo profondamente convinti che il ruolo delle Regioni sia fondamentale nel garantire concretamente l’accesso alle prestazioni sanitarie, perché costituiscono il livello decisionale più vicino al cittadino, capace di cogliere le esigenze organizzative e le peculiarità anche epidemiologiche dei territori. Come farmacisti abbiamo sperimentato nel recente passato eccessi di discrezionalità: è il caso della distribuzione diretta dei medicinali che è stata applicata con rilevanti differenze tra una regione e l’altra, con il risultato che in alcuni contesti i cittadini, anche per ottenere farmaci di uso comune, devono recarsi presso le strutture ospedaliere mentre in altri no. Non esattamente l’equo e uniforme accesso ai medicinali che sta alla base del servizio farmaceutico e costituisce un LEA. Siamo pronti alla massima collaborazione con il Ministero della Salute e le regioni per raggiungere questo obiettivo”.

Le richieste sono chiare. Ora si deve attendere la risposta del Governo. Confidiamo nella buona volontà dell’Economia, degli Affari Regionali e Autonomie, e ovviamente della Sanità. Anche se trovare la quadra potrebbe essere cosa tutt’altro che facile.

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