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Un anno di retail rafting

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Un anno di retail rafting

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Presentata da Kiki Lab la ricerca Retail Innovations 16: i valori fanno la differenza perché l’insegna è un attore sociale. Focus su esperienze personalizzate, loyalty, negozi automatizzati e temi ambientali e sociali

25 marzo 2021

di Laura Benfenati

Sempre piena di stimoli la ricerca Retail Innovations di Kiki Lab, gruppo Promotica, che illustra le tendenze del mondo retail internazionale. «Possiamo dire di esserci lasciati alle spalle un anno di retail rafting, con correnti talmente forti e imprevedibili che tavolta però, se sono quelle giuste, consentono di accelerare», ha esordito Fabrizio Valente, founder e amministratore di Kiki Lab Ebeltoft Italy, in occasione del recente webinar “Retail Innovations 16. Le innovazioni per il Nuovo Mondo”. «Sicuramente il retail non è stato fermo e neppure i clienti», ha aggiunto. E proprio sui consumatori ci si deve concentrare, perché finora si è parlato più delle riaperture che dei loro bisogni, come ha sottolineato il direttore di Largo Consumo Armando Garosci, che ha moderato l’evento web. Secondo una ricerca realizzata presso il panel consumatori Ipsos, con 5.000 individui intervistati, il 61 per cento dei clienti ha cambiato nell’ultimo anno le sue abitudini di acquisto, non soltanto diminuendo la frequenza e aumentando l’importo medio dello scontrino, ma anche scegliendo negozi differenti. Moltissime le migrazioni e i punti vendita alimentari sono stati i più sostituiti. «Questo però non è accaduto soltanto a causa del Covid: il primo motivo per cui le persone hanno cambiato punti vendita è il tenue legame affettivo con loro (“prezzi e promozioni non mi soddisfacevano”), con un ruolo importante legato all’assortimento e alla prossimità», ha spiegato Garosci. «Il marketing di negozio deve essere sostituito da un retail marketing strategico che ha a che fare con le relazioni e con i clienti: c’è ancora molto da lavorare sull’esperienza di relazione con l’insegna. Cosa la rende consigliabile? Vanno migliorate le esperienze personalizzate e la loyalty e approfonditi temi ambientali e sociali. I valori stanno facendo la differenza, l’insegna è un attore sociale».

I valori stanno facendo la differenza

Omniexperience, non omnicanalità

Fabrizio Valente, nell’illustrare alcuni casi di successo mondiali presentati nella ricerca, ha sottolineato che si deve parlare di omniexperience e non di omnicanalità, perché è l’esperienza dei consumatori a essere multipla. Zara, per esempio, ha aggiunto nuove funzionalità alla sua app, che consentono di facilitare il processo di click&collect in 30 minuti e che funziona come una specie di navigatore all’interno del negozio, addirittura per prenotare il camerino dove, quando si arriva, ci sono già tutti i capi da provare. Potenziata anche la in store proximity, per cui quando si passa di fianco a capi che potrebbero essere abbinati a quelli che si sono scelti, parte un pop up che favorisce gli acquisti complementari. Infine, un self ckeck-out evoluto in cui ci si toglie da soli anche l’antitaccheggio. «Molto interessante anche Posti, i servizi postali di Helsinki – ha proseguito Valente – un concept totalmente digitalizzato in cui però sono a disposizione anche camerini di prova dove aprire i pacchi e provare gli acquisti, che si possono subito restituire. Molto spazio è dedicato ai box per il riciclo, per favorire il riuso dei cartoni». È questa sustainable experience, che si può vivere anche da Bocace, un negozio di scarpe in cui si rimettono in circolo le calzature e c’è un e-commerce dell’usato all’interno dello store. Un esempio di economia circolare e modello di consumo sostenibile come l’ultimo concept di Ikea, che vende mobili ricondizionati.
Valente ha poi raccontato del megatruck di Grocery Neighbour, negozio mobile per i prodotti freschi, lanciato in Canada, con invio notifica app ai clienti quando è vicino a loro e assortimenti che variano in base alla zona della città. E nel nostro settore ha sottolineato che nelle farmacie Cvs Health Hub il 20 per cento dello spazio è dedicato ai servizi, con clinica integrata, assistenza personalizzata che va dalle analisi ai prodotti assicurativi. Molto digitalizzati gli scaffali, con informazioni e QRCode che guidano gli acquisti.

Emotional e rational experience

Le emotional experience stimolano l’acquisto di impulso. Ne è un esempio il Concept beauty lab, tech e digital di Mac a Shangai e New York, con sessioni di make up tutorial che vengono filmate e inviate alle clienti. Molto elevato il livello di personalizzazione dei prodotti e del packaging. Camp invece, negozio di giocattoli di New York, durante la chiusura che impediva esperienze nel punto vendita ha organizzato feste di compleanno digitali gratuite e campi estivi virtuali in partnership con Walmart. Molta attenzione al gaming da parte di Gucci, che ha una partnership con Tennis Clash e ha creato il look dei personaggi del gioco. A chi gioca è riservato un percorso di acquisto molto fluido dei capi di abbigliamento e degli accessori, che avviene con un solo click. La rational experience è invece rappresentata da negozi container self, per esempio Petite Epicerie. Gli store automatici stanno diffondendosi sempre di più: Wurth ha presentato Automatic store, container amovibile con oltre 2.000 prodotti disponibili, che consente un acquisto diretto o in click&collect.

Nuovi modelli di acquisto

«Il consumatore omnicanale in media spende di più – ha spiegato Dirk Pinamonti di Nexi – e si stanno delineando nuovi modelli di acquisto come il social commerce, il voice shopping, sessioni di live streaming shopping, proximity commerce digitale con pay by link, drive&collect».
Molto interessante l’intervento di Sonia Anelli di Procter and Gamble, che fa parte di un team che si occupa di scienze comportamentali al servizio di un’esperienza di acquisto on line più fluida e veloce: «Industria e mondo della distribuzione devono uscire da un rapporto negoziale e passare alla collaborazione. Lo shopper è più avanti ma se è stressato ha meno tempo per le novità. Il 95 per cento delle decisioni che si prendono sono automatizzate ma ci sono alcune difficoltà da superare negli acquisti on line: il 75 per cento dei carrelli infatti viene abbandonato. La mancanza di familiarità con l’ambiente genera sovraccarico emotivo e l’impossibilità di utilizzare tutti i sensi porta l’acquirente a essere insicuro. Si devono rendere più gradevole e familiare la navigazione e più leggibili i siti». Il retail deve dunque ripartire dai bisogni dei consumatori: «Si investe nel fisico ma lo si deve digitalizzare – ha concluso Valente – e il digitale deve diventare più fluido e più umano».

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