informazione, partecipazione, condivisione

Un welfare sostenibile

ATTUALITÀ

Un welfare sostenibile

di Laura Benfenati

La spesa sanitaria privata è una grande forma di disuguaglianza. La soluzione è l'introduzione del cosiddetto "Secondo pilastro" ?

Nel 2017 gli italiani hanno pagato di tasca propria 40 miliardi di euro e la spesa privata in sanità è cresciuta del 9,6 per cento nel periodo 2013-2017. Se ne è discusso a Roma al Welfare Day “La salute è un diritto di tutti” , promosso da Rbm Assicurazione Salute. Sono 44 milioni gli italiani che hanno speso nell’ultimo anno risorse proprie per pagare prestazioni sanitarie per intero o in parte con il ticket, con un aumento di 8 milioni rispetto a due anni fa. Secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, nel giro di sette anni saranno necessari dai 20 ai 30 miliardi di euro aggiuntivi per finanziare il Sistema sanitario. Il cosiddetto Secondo pilastro – polizze e fondi sanitari aperti a tutti – diventa quindi indispensabile, secondo Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di Rbm Assicurazione Salute, altrimenti il costo delle cure che i cittadini dovranno pagare di tasca propria raggiungerà nel 2025 quasi 1.000 euro a testa.

IL RAPPORTO CENSIS-RBM

Negli ultimi anni, finiti i periodi delle “vacche grasse” e quindi in un momento di ristrettezze economiche generali più pressanti, il cda dell’Enpaf – pungolato anche dal consigliere Pasquale Imperatore, presidente dell’Ordine di Matera, da sempre molto critico sul fatto che troppo spesso si (stra)parlava senza sapere come stavano davvero le cose – ha promosso una serie di incontri in tutto il territorio italiano, con l’avvallo dello storico presidente Emilio Croce, le cui dichiarazioni esclusive sono riportate a latere. A rendersi protagonisti di questa straordinaria campagna di comunicazione e formazione sono stati Romeo Salvi (membro del Collegio Sindacale) e il vice presidente Paolo Savigni, rispettivamente alla guida degli Ordini di Pesaro-Urbino e Siena, i quali, intuita la necessità di far conoscere l’Ente, criticità e opportunità comprese, hanno ideato un corso Ecm dal titolo “Enpaf: passato, presente, futuro”, svolto in oltre 30 città in tutta Italia, da Torino a Venezia e da Reggio Calabria a Trapani, e da cui è stata tratta una dispensa completa in tutte le sue parti, utilissima anche per la stesura documentata di questo articolo. 

Abbiamo chiesto proprio a Romeo Salvi di farci il punto della situazione e, avendone tastato personalmente il polso, cosa hanno espresso i più di 2.000 colleghi incontrati nei vari corsi. «Premetto che l’Ordine di Pesaro e Urbino è provider nazionale per farmacisti, medici e infermieri – ha detto Salvi – ed è quindi autorizzato ad accreditare gli eventi per il Ministero della Salute su tutto il territorio. Grazie allo strumento Ecm, abbiamo così potuto trattare l’argomento in termini di vera e propria educazione alla previdenza e assistenza, visto che la semplice informazione, per la quasi totalità della categoria, non ha efficacia. Peccato che, per una moltitudine di motivi, l’Ecm nel tempo è stato svilito nel suo tracciato e che i colleghi che ci hanno seguito sono stati comunque sempre troppo pochi…in particolare fra i titolari». 

Ma quali sono state le istanze più frequenti, diventate spesso fonte di polemiche, da parte dei farmacisti? «In ordine sparso – ha puntualizzato il Presidente pesarese – menziono la mancanza di un giusto motivo che rende obbligatorio essere iscritti sia all’Ordine sia all’Enpaf, l’inadeguato assegno pensionistico, l’elevata contribuzione, il contributo dello 0,90 per cento sul fatturato Ssn che il titolare paga senza avere un ritorno, la difficoltà di comunicare con gli uffici. A tali richieste abbiamo tentato di dare delle risposte, iniziando quindi a mettere in risalto che l’iscrizione all’Ente è congiunta all’iscrizione all’Ordine per chi esercita la professione, come dettato da una legge che obbliga tutti i professionisti italiani,
al pari degli altri cittadini-lavoratori, a essere iscritti a un Ente di previdenza. Tale legge, seppur datata, è tuttora in vigore e solo il Parlamento italiano può toglierla o modificarla». 

Figura 1 La sostenibilità finanziaria e sociale del sistema sanitario

Figura 2 La funzione della spesa sanitaria privata

IL SECONDO PILASTRO

«La spesa privata è ormai un fenomeno di massa che richiede un intervento di governance da parte del Governo. Non si tratta di esborsi soltanto per ricchi: il 35 per cento di questa spesa riguarda cittadini con redditi inferiori a 60.000 euro l’anno e incide molto di più sulle fasce di reddito più basse. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, che deve essere al centro dell’agenda politica», ha spiegato Marco Vecchietti. «Introducendo un “Secondo pilastro” su base istituzionale, per tutti i cittadini o almeno su base occupazionale (per tutti coloro che hanno un reddito imponibile) si potrebbe affidare la gestione della spesa sanitaria privata a un sistema “ collettivo” a governance pubblica e gestione privata», ha proseguito. «Questo consentirebbe di intermediare il 60 per cento della spesa privata, potrebbe fare risparmiare alle famiglie circa 20 miliardi di euro, con una riduzione dei costi medi pro capite della spesa privata a quasi 340 euro». Vecchietti ha sottolineato inoltre che il Secondo pilastro strutturato potrebbe portare anche a ridurre i gap tra i vari Sistemi sanitari regionali. Le forme sanitarie integrative potrebbero infatti fare acquisti collettivi e rendere la spesa sanitaria privata più equa e sostenibile rispetto alla spesa sanitaria individuale.

A destra, Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di Rbm Assicurazione salute con i giornalisti intervenuti alla conferenza stampa del Welfare Day

È in crescita il settore delle polizze collettive, stabile quello delle individuali.
È necessario omogeneizzare il regime fiscale e previdenziale applicabile alle Forme sanitarie integrative

«Oggi è in crescita il settore delle polizze collettive, stabile quello delle individuali. Per promuovere la crescita del Secondo pilastro è necessario omogeneizzare il regime fiscale e previdenziale applicabile alle Forme sanitarie integrative», ha aggiunto Vecchietti. «Si deve riorganizzare e promuovere la sanità integrativa – a cui ricorrono già 10 milioni di italiani – utilizzando le risorse che lo Stato oggi spende per le detrazioni, che raggiungono i 3 miliardi e mezzo di euro».

Quello che molti temono è però che l’introduzione del Secondo pilastro rischi alla fine di smantellare il Sistema sanitario nazionale. Al convegno si è ribadito che già oggi il Sistema sanitario è misto, ha un finanziamento ibrido pubblico/privato, così come lo è l’offerta di servizi e che la spesa sanitaria intermediata è più equa perché non lascia il cittadino nel dilemma se spendere o curarsi. «Dal Rapporto non emerge alcuna indicazione volta a smantellare il Servizio sanitario nazionale», ha precisato Vecchietti in una lettera inviata al ministro Giulia Grillo. «Aggiungere al Servizio sanitario nazionale un Secondo pilastro sanitario aperto a tutti i cittadini non è in contrasto con gli aumenti dei finanziamenti alla sanità pubblica. Inoltre, La sanità privata, inoltre, investe il 10 per cento dei premi annuali in prevenzione».

E LE FARMACIE?

E le farmacie come potrebbero collaborare con gli attori del cosiddetto Secondo pilastro sanitario? Lo abbiamo chiesto a Marco Vecchietti in conferenza stampa, dove ha esordito con una battuta: «Stiamo collaborando con singoli titolari di farmacia e ci stiamo domandando se su questo argomento arriveranno primi i singoli o i gruppi di farmacie già organizzati sul territorio». Vecchietti ha ribadito che nel modello alternativo di organizzazione della spesa privata gestita professionalmente dai fondi sanitari ci deve essere un rapporto diretto tra farmacie e assicurazioni.

Vecchietti : È evidente che il farmaco deve essere incluso nelle polizze sanitarie. Vorremmo un modello di sanità privata simile a quello in Francia

«Una sorta di network di farmacie convenzionate direttamente con l’assicurazione, in modo che il paziente non paghi le prestazioni, o le paghi solo parzialmente e l’assicurazione rimborsi direttamente la farmacia». Il modello è quello francese che ci illustra il presidente di Federfarma Varese nel box a fianco. «È evidente», ha proseguito Vecchietti, «che il farmaco deve essere incluso nelle polizze sanitarie. Vorremmo un modello di sanità privata simile a quello in Francia, strutturalmente integrato nel Sistema sanitario. In quel Paese la contrattazione collettiva è stata utilizzata per promuovere il Secondo pilastro e le aziende devono sempre attivare una tutela sanitaria integrativa. Estendendo poi le coperture alle famiglie dei dipendenti, il 90 per cento della popolazione risulta coperto dalle polizze. Se si aggiunge chi non ha reddito di lavoro stabile, si arriva al 98 per cento. Si tratta insomma di istituzionalizzare percorsi già avviati in altre nazioni e nel nostro Paese da singole associazioni di categoria, per esempio la Casagit dei giornalisti».

Anche su questo argomento Federfarma – rappresentata al Welfare Day dal vicepresidente Contarina che non ha parlato di terzo pagante ma del Dia Day – non può attendere che si muovano prima altri soggetti.

Abbiamo chiesto al presidente di Federfarma Varese Luigi Zocchi, che nel sindacato e come parlamentare si è occupato a lungo di “Terzo Pagante”, perché l’ingresso delle assicurazioni nel mercato delle farmacie può essere un’opportunità

Il terzo pagante è un’opportunità?

Mi occupo di questo argomento da almeno vent’anni orsono e non ha incontrato alcun successo finora in Federfarma. Un ex presidente, di molti anni fa, dichiarò  pubblicamente «Voglio essere morto prima di sentir parlare di assicurazioni».

Il modello al quale mi sono ispirato, da sempre, è quello francese, il più vicino alla nostra situazione organizzativa e gestito impeccabilmente con sistemi informatici che non presentano problemi per le farmacie. Il sistema (Sesam Vitale) si basa su una carta sanitaria del tutto analoga a quella italiana, che permette l’accesso a tutte le più importanti prestazioni sanitarie, compreso l’acquisto dei farmaci.

Il circuito è completamente dematerializzato e gestito con un sistema informatico complesso ma ormai perfettamente funzionante.

Per quanto riguarda la farmacia, il paziente può ritirare il proprio fabbisogno di farmaci in base alle prescrizioni mediche anche per una durata di più mesi, normalmente due e il pagamento avviene con l’utilizzo della carta sanitaria. I costi vengono ripartiti tra Sécurité Sociale (il nostro Ssn), assicurazioni complementari e cittadino per la propria quota di partecipazione.

Le assicurazioni che partecipano al sistema – ormai in Francia il territorio è coperto più o meno al 100 per cento – rimborsano quote prestabilite dei farmaci non concessi dal Ssn e devono rispettare una convenzione globale per evitare conflitti e trattative individuali.

Il farmacista riceve comunque la propria remunerazione entro 4 – 5 giorni lavorativi dall’invio della fattura. L’adesione al circuito assicurativo non è quasi mai individuale, ma gestita da mutue aziendali, da assicurazioni professionali o di categoria o da sindacati di lavoratori o di imprenditori.

Modelli analoghi esistono in quasi tutta Europa e integrano le risorse, sempre carenti, che vengo messe a disposizione dai Servizi sanitari nazionali.

Pubblicato su iFarma – Luglio 2018

0 Condivisioni

Altri articoli

10 Luglio 2018