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Cuore (di donna) in pericolo

L’AGGIORNAMENTO

Cuore (di donna) in pericolo

Scarsa informazione, poca attenzione alla salute di genere da parte della ricerca, falsa consapevolezza sui rischi: questi i fattori che concorrono a mettere in pericolo le donne rispetto alle malattie cardiovascolari. Un incontro dell’Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali ha provato a fare chiarezza

13 marzo 2025

di Stefania Cifani

Le malattie cardiovascolari sono una minaccia per la salute della donna, ma la consapevolezza su questo tema è ancora insufficiente. Servono percorsi educativi e di screening per prevenire gli eventi e ridurre la mortalità per cause cardiovascolari, a oggi in aumento. Il tema della salute di genere, con un focus sugli aspetti cardiovascolari, è stato al centro dell’evento “Le donne verso un cuore consapevole”, organizzato da Daiichi Sankyo Italia a Milano, presso la sede dell’Unione Femminile Nazionale.

Fattori di rischio genere-correlati

Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di mortalità nel mondo, con il 50 per cento di decessi registrati a livello globale (2020). Un fenomeno che non riguarda solo gli uomini: nelle donne queste condizioni emergono con circa dieci anni di ritardo, in genere dopo i 50 anni. Ma le fasce più giovani della popolazione ne sono sempre più spesso interessate e, per quanto il dato non sia noto, le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mortalità nelle donne.

Accanto ai fattori di rischio tradizionali, come ipertensione, diabete, ipercolesterolemia, fumo, obesità, vi sono quelli specifici di genere, quali sindrome dell’ovaio policistico, menarca precoce, terapie contraccettive orali, complicanze della gravidanza, malattie autoimmuni, menopausa prematura, terapie per tumore al seno. E a incidere sul rischio cardiovascolare sono anche le condizioni socioeconomiche individuali, il livello del Paese di appartenenza e lo stato psicologico, minato in primo luogo dalla presenza di ansia, stress e depressione, ma anche dall’essere state vittima di abusi.

Conoscenza e prevenzione, aspetti da migliorare

«Tanti sono i bias implicati nella corretta gestione del problema: dal basso numero di donne tuttora reclutate nelle diverse fasi degli studi clinici condotti in ambito cardiovascolare alla diversità di trattamento che una donna rischia di subire se, dopo un accesso in pronto soccorso per sintomi cardiaci, viene visitata da un medico di sesso maschile», ha dichiarato Adele Lillo, cardiologa e referente nazionale del Gruppo di studio sulle malattie cardiovascolari di genere di Arca (Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali).

Senza contare il divario da colmare nella consapevolezza del rischio cardiovascolare, dovuto alle diverse manifestazioni delle patologie nei due generi. «Le donne tendono a manifestare sintomi atipici e sfumati rispetto agli uomini; in una donna un infarto potrebbe manifestarsi con dolore alla schiena, estrema spossatezza, dolore alla mandibola, nausea e dolori gastrici, con conseguente ritardo diagnostico e terapeutico», aggiunge la cardiologa.

Una falsa consapevolezza

Molto si potrebbe fare in termini di prevenzione, con una maggior attenzione alla salute generale, tenendo sotto controllo i valori di ipertensione, glicemia e colesterolo, evitando fumo e alcol e adottando uno stile di vita sano che prevede anche la pratica di attività fisica. In questo senso, tuttavia, i dati non sono incoraggianti. Da una ricerca condotta da Arca su 5.600 pazienti di 49 ambulatori cardiologici sul territorio nazionale, risulta che il 43 per cento delle intervistate sottostima il rischio cardiovascolare e solo poco più del 10 per cento si ritiene ad alto rischio. Non solo: il 23 per cento delle pazienti definite ad alto rischio e il 62 per cento di quelle a rischio molto elevato si riteneva a “rischio normale”.

Le donne sono più informate dei fattori di rischio cardiovascolari “tradizionali”, che interessano gli uomini, rispetto a quelli genere-specifici; l’adozione di uno stile di vita sano non è comune, con il 31 per cento di fumatrici, oltre il 60 per cento che ritiene di non essere in grado di seguire una alimentazione controllata e di fare movimento, e almeno il 30 per cento che equipara i lavori domestici alla pratica di attività fisica.

«Il rischio cardiovascolare femminile è dinamico, e come tale dovrebbe essere valutato lungo tutto l’arco della vita; il riconoscimento precoce e il trattamento dei fattori di rischio possono alterare la traiettoria degli eventi cardiovascolari avversi», ha concluso la dottoressa Lillo.

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