Le farmacie come nodi territoriali della rete sperimentale
LA PROFESSIONE
Le farmacie come nodi territoriali della rete sperimentale

Un approfondimento sul ruolo emergente delle farmacie nei trial clinici decentralizzati, che porterebbe a favorire accessibilità, qualità dei dati e inclusione dei pazienti, e la proposta di un modello operativo di formazione e certificazione GCP applicabile al contesto italiano
29 maggio 2025
di Cristiano Colalto,
farmacista
Nel contesto della ricerca clinica moderna, le farmacie territoriali emergono progressivamente come attori centrali all’interno dei modelli sperimentali decentralizzati. Questo nuovo approccio, descritto nel white paper redatto da Worldwide Clinical Trials e RxE2, mette in luce come il farmacista di comunità possa contribuire in modo determinante al miglioramento dell’efficienza operativa, della qualità dei dati raccolti e del coinvolgimento attivo del paziente negli studi clinici.
Il farmacista rappresenta una figura professionale altamente accessibile e socialmente credibile grazie a un rapporto consolidato con i pazienti, che si traduce in una maggiore aderenza ai protocolli sperimentali e in un’attitudine positiva verso la partecipazione agli studi. Durante la pandemia da Covid-19, il ruolo strategico del farmacista è emerso con forza, in particolare nella gestione e implementazione delle campagne vaccinali. Tale esperienza ha tracciato un’evoluzione naturale del ruolo della farmacia, che da semplice punto di dispensazione si trasforma in un nodo attivo, competente e territoriale della rete sperimentale.
La farmacia di comunità nel trial clinico decentralizzato
Nel contesto della sperimentazione clinica, il farmacista può essere coinvolto in diverse fasi del processo. È in grado di identificare pazienti potenzialmente eleggibili grazie alla conoscenza diretta dell’utenza, nonché di supportare le attività di prescreening secondo i criteri di inclusione ed esclusione stabiliti. Può fornire consulenza terapeutica personalizzata, formare i pazienti sull’utilizzo di farmaci sperimentali e dispositivi medici, gestire la dispensazione controllata dei medicinali sperimentali (IMP) e monitorare in modo continuativo l’aderenza terapeutica. Un elemento di crescente rilevanza riguarda la raccolta di dati soggettivi sull’esperienza del paziente, che risultano fondamentali per orientare le scelte regolatorie in un’ottica di Patient-Focused Drug Development.
Formazione e certificazione
Per valorizzare appieno il contributo potenziale del farmacista nel contesto clinico, è necessario avviare un percorso strutturato — oggi ancora assente — di formazione e abilitazione, che consenta di operare nel rispetto degli standard internazionali delle Good Clinical Practice (GCP). A tal fine, si propone un modello formativo articolato in tre fasi, pensato specificamente per le farmacie territoriali. La prima fase dovrebbe prevedere un’introduzione completa alla ricerca clinica, ai diritti dei pazienti e alla documentazione prevista dalle GCP. La seconda fase, più avanzata, erogabile in modalità frontale o digitale (webinar), dovrebbe focalizzarsi su aspetti pratici come la gestione della dispensazione, il supporto alla raccolta del consenso informato, la tracciabilità dei farmaci e le responsabilità documentali e regolatorie. Infine, il percorso dovrebbe concludersi con una prova finale certificativa, supervisionata da un ente pubblico territoriale (es. Uffici farmaceutici delle ASL), con il rilascio di una certificazione triennale e l’inserimento della farmacia, nonché dei professionisti abilitati, in un registro nazionale delle “Farmacie GCP-qualified”, accessibile a sponsor e Contract research organization (CRO) interessate a collaborazioni nel contesto di studi decentralizzati.
In tale ottica, appare cruciale il coinvolgimento attivo dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e delle sue articolazioni territoriali, con il prezioso contributo dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), da sempre riferimento per l’eccellenza scientifica. Parimenti, risulta urgente e necessario il riconoscimento di una società scientifica nazionale dedicata ai farmacisti territoriali, che possa fungere da interlocutore qualificato e supportare l’evoluzione professionale della categoria. In tal senso, si richiamano le riflessioni pubblicate negli ultimi anni da iFarma (si veda per esempio l’ultimo numero della rivista, iFarma n.70 – 3/2025, “Società italiana di farmacia territoriale cercasi”), che hanno anticipato queste istanze con visione prospettica.
Per una sperimentazione più inclusiva
La farmacia di comunità rappresenta oggi la punta di diamante della sanità pubblica, profondamente integrata nel tessuto sanitario e sociale, e pienamente pronta a ospitare attività sperimentali in modo capillare, sicuro e competente. Investire in formazione qualificata, interoperabilità digitale e modelli collaborativi con i centri di ricerca consentirà di consolidare questo ruolo emergente. Attraverso un’integrazione formale e regolata nei percorsi GCP, la farmacia di comunità può diventare una vera e propria estensione del sito clinico, contribuendo a rendere la sperimentazione più inclusiva, efficiente e orientata al paziente, soprattutto in un’epoca sempre più definita dall’integrazione con telemedicina e intelligenza artificiale.
Bibliografia
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