Farmacisti vaccinatori a difesa della salute pubblica

PILLOLE DAL MONDO

Farmacisti vaccinatori a difesa della salute pubblica

Quello tra farmacia di comunità e vaccinazioni è un binomio che funziona a livello internazionale. Fondamentale per garantire sostenibilità e continuità ai servizi di immunizzazione, funge anche da barriera culturale contro l’esitazione vaccinale

20 marzo 2025

di Francesca Baratta,
ricercatrice presso
il dipartimento
di Scienza e tecnologia
del farmaco
dell’Università di Torino

Dal 1796, anno in cui Edward Jenner scoprì il vaccino contro il vaiolo, numerose sono le patologie per cui sono state messe a punto vaccinazioni efficaci. Nonostante ciò, ancora oggi le malattie prevenibili da vaccino (Vpd) contribuiscono in modo significativo a livello internazionale a morte e disabilità, imponendo anche notevoli oneri economici, al punto che l’Oms ha identificato l’esitazione vaccinale, cioè la riluttanza o il rifiuto a vaccinarsi, come una grave minaccia alla salute pubblica.

I farmacisti vaccinatori

Le farmacie di comunità, grazie alla loro capillare distribuzione sul territorio e agli ampi orari di accessibilità, possono svolgere un ruolo significativo in questo ambito. In considerazione del rapporto di fiducia che i farmacisti di comunità sviluppano con i loro utenti, sempre più spesso a livello internazionale è stato previsto un loro ruolo attivo sia nel potenziamento delle campagne informative sia nella somministrazione di vaccini nei Paesi in cui questo è permesso.

A partire dal 1996, anno in cui negli Usa fu istituito il primo corso di formazione per farmacisti vaccinatori, le farmacie hanno progressivamente ampliato la loro funzione in questo contesto con una sostanziale accelerazione durante la recente pandemia da SARS-CoV-2, quando in molti Paesi – tra cui l’Italia – sono state fondamentali per garantire continuità e sostenibilità dei servizi di vaccinazione. Si pensi, per esempio, che nel corso della pandemia le farmacie di comunità inglesi sono state coinvolte nella somministrazione di 42 milioni di dosi per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, cioè di oltre un quarto dei vaccini somministrati tra dicembre 2020 e agosto 2024.

Un luogo di preziosa opportunità

In generale, il coinvolgimento dei farmacisti nelle attività di vaccinazione offre un’eccellente opportunità, per esempio, in relazione agli orari di apertura prolungati rispetto a centri vaccinali e studi medici: uno studio condotto in quasi 8.000 farmacie della catena Walgreen negli Usa ha rivelato che delle oltre 6 milioni di dosi di vaccini somministrate presso le farmacie della catena, il 30,5 per cento era avvenuto durante il tradizionale orario di chiusura delle cliniche, il 17,4 per cento nei fine settimana, il 10,2 per cento la sera e il 2,9 per cento nei giorni festivi.

Diffondere la cultura dell’immunizzazione

Recenti pubblicazioni internazionali hanno dimostrato che la partecipazione dei farmacisti al processo di vaccinazione, qualunque sia il tipo di attività svolta, ha un impatto significativo sull’implementazione dei tassi di immunizzazione. L’intervento dei farmacisti influenza infatti positivamente il miglioramento della conoscenza, della consapevolezza e della fiducia verso i vaccini e la riduzione dell’esitazione alla vaccinazione, anche se il ruolo del farmacista inteso come promotore della vaccinazione, sebbene comporti miglioramenti rilevanti, risulta meno significativo di quanto ottenuto tramite la sua attività diretta di immunizzazione. Non va trascurato, infine, che gli studi internazionali riportano una riduzione delle spese di immunizzazione anche fino al 26 per cento quando le vaccinazioni vengono svolte in farmacia.

È quindi inevitabile, oltre che auspicabile, che – come sta avvenendo in Italia – le farmacie vengano sempre più coinvolte non solo in campagne informative, ma – conseguentemente a un imprescindibile e adeguato percorso di formazione – anche in un crescente numero di vaccinazioni direttamente somministrabili ai propri utenti.

Bibliografia

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