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Farmaci equivalenti, a rischio l’approvvigionamento

LA FILIERA

Farmaci equivalenti, a rischio l’approvvigionamento

(c) Freepik

Presentata l’edizione 2023 del Rapporto Nomisma. L’impoverimento del tessuto industriale, a causa dei sempre crescenti costi e della mancanza di materie prime, senza un immediato intervento per la conservazione della “biodiversità” del comparto, porterà a una carenza strutturale di medicinali, in particolare quelli a basso costo

23 novembre 2023

di Rossella Gemma

Numeri alla mano, il comparto dei farmaci generici in Italia e nel resto d’Europa è in seria crisi sia per l’approvvigionamento di materie prime sia per il prezzo di vendita. La quota di produzione globale di principi attivi in Europa è scesa dal 53 per cento del 2000 all’attuale 25 per cento. Soprattutto Cina e India forniscono ai mercati dell’Unione Europea oltre il 56 per cento del fabbisogno e, considerando anche i prodotti intermedi, la dipendenza si acuisce raggiungendo una quota pari al 74 per cento.
E non è tutto: i costi di trasporto sono cresciuti fino al 500 per cento; i costi della materia prima tra il 50 e il 160 per cento; quelli del packaging tra il 20 e il 33 per cento e i prezzi dell’energia tra il 65 per cento del gas e il 30 per cento dell’elettricità.

Allarme farmaci a basso costo

A lanciare l’allarme – dati europei e nazionali alla mano – è l’edizione 2023 dell’Osservatorio Nomisma sul “Sistema dei farmaci generici in Italia”, presentata a Roma presso l’Ara Pacis, con la partecipazione di rappresentanti del mondo istituzionale, del panorama industriale e degli operatori del mondo sanitario.
Servono misure urgenti per salvaguardare la biodiversità “interna” del comparto farmaceutico ed evitare una altrimenti ineluttabile carenza strutturale di medicinali. «Per assicurare continuità di cure a milioni di cittadini italiani per le patologie croniche è necessario scongiurare il rischio di carenze di farmaci divenuti non più industrialmente sostenibili», ha spiegato Enrique Häusermann, presidente di Egualia, l’organo di rappresentanza ufficiale dell’industria dei farmaci generici equivalenti, dei biosimilari e delle value added medicines. «Dal momento che la capacità produttiva è al suo massimo, i Paesi europei competeranno sempre di più sui grandi volumi per assicurare le cure, e se l’Italia non saprà guardare alle cause profonde delle carenze di medicinali essenziali, perderà questa sfida». «Purtroppo – ha poi aggiunto – non ci sono in pista nel nostro Paese provvedimenti che puntino ad affrontare questo nodo cruciale. Resta dunque urgente e prioritario trovare delle forme di bilanciamento per affrontare l’esplosione dei costi produttivi per i farmaci a più basso costo, che rischiano progressivamente di scomparire dal mercato».

Tessuto industriale sempre più povero

Nomisma sottolinea la necessità di ridisegnare il confine tra pubblico e privato, alla ricerca di un nuovo equilibrio che contemperi anche la salvaguardia e il rafforzamento del sistema produttivo, con azioni sia sul lato della domanda che dell’offerta.
Quattro le azioni da attuare sul fronte della domanda: revisione o eliminazione del payback per i farmaci fuori brevetto; agire sul livello di rimborso dei farmaci fuori brevetto per arrestare l’emorragia di fornitori che si sta delineando, individuando quelli con particolari condizioni di vulnerabilità oppure individuando una soglia critica di prezzo al di sotto della quale la sostenibilità industriale è compromessa; individuare nuovi meccanismi pubblici di acquisto di farmaci in ospedale, ripensando il meccanismo di determinazione dei fornitori e del prezzo; trovare meccanismi di incentivo e sostegno economico per mantenere in produzione i farmaci più consolidati e con meno fornitori, salvaguardando la biodiversità.
Più complesso l’intervento sul lato dell’offerta, conclude il rapporto: «Significa tornare ad attivare la dimenticata politica industriale del Paese, lasciando alle imprese il tempo necessario per crescere e amalgamarsi e offrendo una controparte burocratica amministrativa di pari efficienza».
L’impoverimento del tessuto industriale con l’uscita di alcuni operatori dal mercato e la perdita di farmaci a disposizione dei pazienti sta mettendo a nudo le fragilità del settore: in 10 anni sono scomparsi dai mercati europei il 26 per cento dei farmaci equivalenti, il 33 per cento degli antibiotici e il 40 per cento dei farmaci oncologici. In relazione ai soli antibiotici, si è osservata la scomparsa di 16 tipologie in Polonia, 11 in Spagna e 10 in Francia. In Italia in 10 anni su due farmaci largamente utilizzati nella pratica clinica – un antibiotico e un antitumorale – il numero di fornitori è sceso rispettivamente da 10 a 3 e da 18 a 2.

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