Obesità: una malattia da affrontare seriamente

L’AGGIORNAMENTO

Obesità: una malattia da affrontare seriamente

Con Caterina Conte, ordinario di Medicina interna all'Università San Raffaele di Roma e responsabile del Centro obesità di Multimedica Milano, parliamo di questa malattia multifattoriale e complessa, che richiede il coinvolgimento di vari specialisti e l’ausilio di strumenti diversi, come farmaci innovativi e chirurgia bariatrica

8 maggio 2025

di Claudio Buono

In Italia, circa sei milioni di persone (il 12 per cento della popolazione) soffrono di obesità, una malattia cronica che si associa a numerosi problemi di salute, quali malattie cardiometaboliche (colesterolo elevato, ipertensione arteriosa, infarto), diabete tipo 2, steatosi epatica (o “fegato grasso”) e almeno dodici tipi di cancro, a cui si aggiungono complicanze dovute agli effetti meccanici del grasso in eccesso, come l’artrosi del ginocchio o la sindrome delle apnee del sonno. Infertilità maschile e femminile, e reflusso gastroesofageo sono altrettante conseguenze mediche della malattia, senza dimenticare i problemi psicologici e il disagio mentale che ne derivano.

Le cause

Secondo recenti ricerche, l’obesità non è semplicemente la conseguenza di cattive abitudini alimentari e di sedentarietà. «In realtà si tratta di una vera e propria malattia neurobiologica, perché coinvolge i meccanismi deputati al controllo del bilancio energetico», conferma Caterina Conte, ordinario di Medicina interna presso l’Università telematica San Raffaele di Roma e responsabile del Centro obesità presso l’Irccs MultiMedica di Milano. «Sono stati identificati numerosi geni associati all’obesità, molti dei quali espressi nel sistema nervoso centrale e implicati nella regolazione di fame e sazietà. Un ruolo importante è svolto dall’infiammazione cronica di basso grado nel sistema nervoso centrale, in particolare nell’ipotalamo, dove il rilascio di citochine proinfiammatorie altera i segnali che regolano l’omeostasi energetica e l’appetito. Tale neuroinfiammazione contribuisce alla cronicizzazione della malattia».

La dieta, una soluzione imperfetta

Molti di coloro che si sottopongono a una dieta, specie se troppo restrittiva, hanno poi difficoltà a mantenere il calo ponderale nel lungo termine. Un fenomeno che Caterina Conte spiega come una serie di meccanismi che l’organismo mette in atto per “difendere” il proprio peso in quanto la riduzione dell’introito calorico è vissuta come una vera e propria minaccia. «Oltre a un rallentamento del metabolismo al fine di ridurre la spesa energetica, è stato stimato che aumenta la sensazione di fame, cioè si avverte la necessità di introdurre un centinaio di calorie in più ogni chilo perso, il che rende necessario consumare porzioni di cibo più abbondanti per raggiungere la sazietà. Inoltre, cicli ripetuti di dimagrimento e di recupero del peso possono portare a un peggioramento della composizione corporea, con ulteriore accumulo di grasso in eccesso e rallentamento del metabolismo».

I farmaci, strumenti efficaci

Con l’avvento dei nuovi farmaci finalmente disponiamo di strumenti estremamente efficaci per il controllo del peso. Sono indicati, in associazione alla dieta, nelle persone con IMC di 30 kg/m2 o più o in sovrappeso (IMC tra 27 e 30 kg/m2) con almeno una comorbilità correlata al peso. Agiscono riducendo la sensazione di fame e prolungando al contempo la percezione di sazietà.

Il riferimento, in particolare, è alla molecola tirzepatide che, chiarisce la professoressa, «è dotata di un doppio meccanismo d’azione: oltre ad agire sul recettore per il Glp-1 ha effetto anche sul recettore del Gip. Entrambi sono coinvolti nella regolazione dell’appetito, ma il Gip influenza altresì il metabolismo dei grassi. La somministrazione è per via sottocutanea, una volta la settimana e anche al dosaggio più basso (5mg), la tirzepatide consente riduzioni del peso superiori al 15 per cento rispetto a quello iniziale, fino a giungere a più del 20 per cento con la dose massima (15mg).

La chirurgia bariatrica

Al momento, l’intervento costituisce l’arma più potente per il trattamento dell’obesità ed è principalmente indicata per le persone con un’obesità di III grado (IMC di 40 kg/m2 o più) o di II grado (IMC tra 35 e 40 kg/m2) se sono presenti complicanze come ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete di tipo 2. Nella maggioranza dei casi la procedura garantisce risultati duraturi, ma deve essere sempre associata a dieta sana e attività fisica. In ogni modo, si accede all’intervento solo dopo accertamenti clinici e una valutazione multidisciplinare da parte di un’equipe composta da chirurghi, medici internisti/endocrinologi, psicologi e nutrizionisti, anche perché l’operazione, pur essendo a basso rischio e relativamente poco invasiva, avviene in anestesia generale, ed è quindi fondamentale – raccomanda Conte – affidarsi a un centro qualificato.

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